(Il Messaggero – U. Trani) Londra, Pechino, Napoli, Manchester, Boston, Torino e Guangzhou. La Roma, da qualche giorno, fa il giro del mondo, inseguita e coinvolta dai rumors di mercato. Eppure Di Francesco e i giocatori sono qui, nella Capitale, ad allenarsi a Trigoria e a preparare la delicatissima gara di domenica a Milano contro l’Inter. Che, per chi se lo fosse dimenticato, introduce la settimana della verità: 8 giorni che prevedono anche la doppia sfida contro la Sampdoria, il recupero di mercoledì 24 gennaio a Marassi e il ritorno del 28 all’Olimpico. In palio, in 3 match, c’è la stagione del club giallorosso. Della dirigenza, dell’allenatore e dei calciatori. In 3 partite si giocano il futuro.
RITIRO PROLUNGATO – La Roma probabilmente si fermerà al Nord dopo la partita di Milano: per far gruppo e dare continuità al lavoro, in attesa della gara di Genova. Di Francesco, nel momento più complicato della sua gestione, avrebbe però preferito passare una settimana diversa da quella che sta vivendo con la Roma che, all’inizio del 2018, è scivolata al 5° posto. Anche perché, quando scende in campo, vede i giocatori diminuire per gli imprevisti. E ne osserva altri che, pure se professionisti esemplari, faticano a restare concentrati come dovrebbero, essendo al centro di trattative che li possono far uscire all’improvviso dal cancello del Bernardini.
ROSA RIDOTTA – Il tecnico, chiamato a ritrovare la quadra del suo 4-3-3, alla fine rischia di essere quasi in emergenza nella notte in cui si vorrebbe prendere la rivincita contro l’ex Spalletti. L’unica mossa, più o meno annunciata, è l’avanzamento di Florenzi, a destra, nel tridente offensivo, con Peres nuovamente titolare sulla stessa fascia. E lì si ferma e si guarda attorno. E capisce che, avvicinandosi allo scontro diretto, il vento è contrario. Gli basta contare gli interpreti: sono sempre meno. Adesso, oltre al convalescente Karsdorp, deve prendere atto del prolungato forfait di Defrel, ormai fuori dal 26 novembre per un frattura alla rotula, del lento recupero di De Rossi, tornato solo ieri in gruppo (niente partitella, però) e comunque limitato dal risentimento muscolare al polpaccio sinistro, e dell’improvviso stop di Perotti, bloccato da una contrattura (con edema) alla coscia destra. La scelta, insomma, è minima. E grande diventa, invece, il dubbio sul regista, se il capitano non sarà disponibile: Gonalons, ultimamente, ha deluso e Strootman, adattabile in quel ruolo, non è sembrato in forma. Davanti, con Florenzi e Dzeko, sembra scontato il ritorno di El Shaharawy a sinistra. Ma non c’è solo il campo. Perché poi i giocatori, finito il lavoro, si ritrovano al completo nello spogliatoio, a parlare e discutere sotto la doccia, prima di tornare a casa.
GRUPPO PERPLESSO – Nainggolan e lo stesso Emerson non negano l’evidenza del possibile addio davanti ai compagni. Non si usano i social, pericolosi in casi del genere. Meglio qualche faccia a faccia per dirsi in privato come può andare a finire. Altri nemmeno sanno se partiranno o resteranno: Skorupski, Peres, Strootman ed El Shaarawy. In mezzo, aspettando la sfida da dentro o fuori contro l’Inter, c’è Di Francesco che, per quanto simbolo della resilenza giallorossa di questi tempi, si deve preparare ad assorbire qualsiasi colpo. Che non è quello che gli ha promesso Monchi in questa sessione invernale di mercato, cioè almeno il terzino destro che gli consenta di spostare Florenzi in attacco per ovviare al peccato originale (non aver preso in estate il sostituto di Salah). L’allenatore è stato allertato con largo anticipo che almeno un big partirà anche a gennaio (la trattativa con l’Evergrande è sbocciata quasi due mesi fa). C’è, però, una bella differenza se parte un titolare come Nainggolan (o Strootman) o una riserva come Emerson (e, comunque, tra i migliori fluidificanti mancini della serie A nella scorsa stagione). Soprattutto in piena corsa Champions.
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