(Il Messaggero – M. Ferretti) In attesa del primo sorriso (non di circostanza) di Francesco Totti travestito da dirigente in tribuna (domanda: come mai non è stata ancora annunciata la sua firma: manca l’accordo?), la Roma continua a macinare punti lontano dalla Capitale. Con il successo di Torino, sono arrivati a 11 i tre punti di fila in trasferta, record per il campionato alla pari con l’Inter 2007. Nel torneo in corso, quattro viaggi lontano dall’Olimpico e altrettante vittorie: a Bergamo, a Benevento, a Milano sponda rossonera e appunto a Torino granata. Quattro partite, dodici punti (oltre alla vittoria di Baku in Champions). E zero reti al passivo. Roba da leccarsi in baffi. En plein giusto e meritato, per quanto mostrato dalla squadra di Eusebio Di Francesco. Che, guardando la classifica (con una partita in meno) sta soffrendo incredibilmente nel rendimento casalingo, un tempo vanto e forza della squadra giallorossa. Ma, si sa, i tempi cambiano, così come cambiano i gruppi e chi il gruppo guida. Senza voler mancare di rispetto a nessuno, va ricordato che Di Francesco è al comando della Roma soltanto dallo scorso 6 luglio, cioè da 109 giorni oggi (ripetiamo: 109), non da mesi e mesi oppure anni, eppure la sua mano già si vede in maniera netta. Anche nella gestione delle risorse, visto che – quando possibile – ne cambia cinque a partita pur di avere la squadra sempre in salute e l’intero gruppo coinvolto. Una ricetta semplice, che in avvio di stagione da qualcuno (in malafede) era stata scambiata volutamente per incapacità. Con tanto di etichetta di inadeguato appiccicata al tecnico abruzzese.
LA CONSAPEVOLEZZA Lui, però, non se ne è mai curato, ha tirato dritto per la sua strada dando ogni volta la sensazione che la Roma faccia – anche se piccolo – un passettino in avanti. Sul piano del gioco, certo, ma anche della convinzione nei propri mezzi. Temeva, Eusebio, che la prestazione di Londra potesse turbare la preparazione e lo svolgimento della gara di Torino, invece la Roma ha ricominciato proprio dallo Stamford Bridge, con quella consapevolezza auspicata dentro e fuori Trigoria. Già, consapevolezza che, come dice Di Francesco, non è presunzione ma semplicemente la presa di coscienza dei propri pregi e anche dei difetti. Roma è una città pronta a passare dalla depressione all’euforia più sfrenata (e viceversa) nell’arco di un paio di attimi: Eusebio sta riuscendo nell’impresa di evitare sbalzi d’umore, alti e bassi, deleteri. Non è poco. Credete, non è poco.
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