(Il Messaggero) «Non succede ma se succede», il detto del tifoso romanista ha preso forma minuto dopo minuto. Ed è successo. Il tempo tecnico di metabolizzare, e Roma esplode di gioia. Dai caroselli timidi e scaramantici dopo il terzo gol, a dieci minuti dalla fine il countdown, fino all’onda d’urto del fischio finale: i giallorossi sono in semifinale di Champions League, l’impresa di asfaltare il Barcellona di Messi è riuscita, la festa ha inizio. Le strade della città si riempiono di auto, suonano il clacson i tassisti e gli operatori dell’Ama sui camioncini, tutti in centro, per i caroselli che accompagneranno questa notte improvvisamente magica. I tifosi escono dall’Olimpico e si dirigono in centro, a piazza Venezia, piazza del Popolo, un andirivieni di volti felici, affacciati ai finestrini, sciarpe e bandiere da sventolare, trombette da suonare. Arrivano i papà in scooter con i figli seduti dietro, le piazze si riempiono, anche nei quartieri più lontani. Hanno la faccia spiazzata e felice della vittoria, da tanto a Roma non si respira quest’aria, le sere cupe e buie sono di colpo annullate in questa notte dei miracoli, in questa serata di primavera. Il passaggio alla semifinale è vero, reale, incredibile. Una gioia incontenibile. Festa nello stadio esaurito in ogni ordine di posto – con i tifosi che cantano a squarciagola e chi chiede: «Quando c’è il concerto di Venditti?».

IL FRAGORE – «Daje Roma daje», gridano dai finestrini i romani. Festeggiano i turisti, riprendono la festa sotto l’Altare della Patria. Si tuffano nelle fontane di piazza del Popolo, tra urla, brindisi, canti improvvisati: con loro va a fare un “bagno” nella fontana anche il presidente della Roma James Pallotta. Mentre uomini in giacca e cravatta spiegano che «la Roma ogni giorno riscrive la sua storia, la lasci pensando ai dolori che ti dà e il giorno dopo te ne trovi un’altra. Vera, sofferta, trionfante, è solo lei così e non la puoi capire solo vedendola come una semplice modesta squadra di calcio». Fini analisi sportive travolte da chi ha voglia di urlare, «perché è come vincere lo scudetto», perché c’è da sfottere i laziali e stasera pure gli spagnoli. Alla Garbatella si sparano i fuochi d’artificio, nelle piazzette dell’Appio si sventolano bandiere e si fanno serenate ai laziali. «Qui è capodanno. Non potete immaginare che sta succedendo», scrivono i tifosi sui social. Ed è così anche a piazza Bologna, a Pietralata, a Monteverde, si riempie Testaccio dove tutto si è amplifica e rischia di durare, anzi durerà, tutta la notte. Si riempiono Piazza Trilussa, i lungotevere, la festa esce dalle case, non c’è più voglia di dormire. C’è chi gioisce spavaldo, chi per l’emozione ha un nodo in gola. «Un risultato storico, battere il Barcellona dopo una partita di andata amarissima…». Un’impresa. Che ha il ruore di una città che si accende, viva finalmente. Roma, 10 aprile 2018: data che resterà nella storia e nei ricordi.

I CAROSELLI – «Ora pensiamo al derby, con la stessa grinta», dice Fabrizio di ritorno dallo stadio. E soprattutto «alla semifinale ragazzi e arriviamo a Kiev». È primavera finalmente. C’è chi scopre l’auto e si agita con le braccia, si saluta dalle auto. Una sinfonia di clacson quasi melodiosa, accompagnerà la notte. Suoneranno gli Ncc e gli autobus. Sventoleranno antichi vessilli, quelli del titolo del 2001. E, chissà.



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