Guido Fienga

ULTIME NOTIZIE AS ROMA FIENGA – Chi pensasse che otto anni alla Roma siano rapidi come «mettere un apostrofo rosa fra le parole t’amo», significa che di William Shakespeare gradisce solo le parti romantiche. Per chi lo conosce dall’interno, invece, il club giallorosso è anche commedia e tragedia, «Le allegre comari di Windsor» così come «Re Lear», perciò per sintetizzare l’avventura di Guido Fienga nella società bisognerebbe ricordare come nel 2013 – quando avvenne il suo ingresso col ruolo di «strategy media director» – c’era stata appena la transizione fra Papa Benedetto XVI e Papa Francesco e Giorgio Napolitano era stato rieletto Presidente della Repubblica. Insomma, una vita fa, scrive La Gazzetta dello Sport.

Da quel momento, nella Roma e non solo, è successo di tutto. Compresa una pandemia di Covid che, nel 2020, ha portato il club (e non da solo) a un passo dal fallimento. Ma nel 2013 tutto ciò era un incubo ancora di là da venire. La Roma aveva cambiato strategie, Rudi Garcia rilanciava la squadra e i tifosi sognavano.

Il problema è che la presidenza Pallotta, orfana di nuovo stadio e di successi, lentamente iniziava a sfiorire, così come i dirigenti, che cadevano in disgrazia in un modo davvero shakesperiano. Così Fienga, che in un Paese di c.t. si è sempre schermito riguardo alle sue competenze calcistiche, progressivamente è andato ad assumere un ruolo da «mister Wolf», l’uomo che risolve i problemi, certificato anche dalla carica di ceo e a.d. nel 2019.

Con l’avvicinarsi alla prima squadra e alla politica sportiva, anche mediaticamente il suo ruolo è diventato più centrale, come si è visto anche nella questione stadio. Dal 2017 al 2020 l’accelerazione è stata degna di un’astronave. Il doppio addio di Totti – come calciatore e come dirigente (col pubblico riconoscimento tributatogli dall’ex capitano), quello di De Rossi (con annesso rifiuto di un ruolo dirigenziale), l’abbandono di Monchi e poi il divorzio da Petrachi lo hanno proiettato alla ribalta persino del mercato, senza peraltro fagli perdere il timone dei conti, proprio nel periodo in cui Pallotta si stava disamorando (ricambiato) della propria creatura.

Ma se nell’autunno del 2019 stava già maturando il passaggio fra Pallotta e i Friedkin, l’esplosione del Covid ha fatto correre il rischio d far saltare tutto. La primavera e l’estate 2020, perciò, per Fienga sono stati il momento più difficile della sua gestione, ma il nucleo della squadra è stato mantenuto, finché gli uomini di Houston, sedotti anche dal suo piano di ristrutturazione, non hanno acquistato il club. Il resto è storia recente.

La giubilazione di tutta la vecchia dirigenza e la conferma di Fienga è stata segno di stima, anche se presto si è capito come una proprietà sempre presente non abbia bisogno di un tipo di ceo molto decisionista e talvolta in disaccordo (i fondi esteri, Dazn). I consigli, però, ai Friedkin piacciono e così ringraziano: «L’esperienza e le intuizioni di Guido, assieme al supporto e alla continuità che ha fornito all’azienda, hanno costituito elementi preziosi nell’aiutarci a definire le varie priorità che dovevamo affrontare e i passaggi chiave che dovevamo attuare».

Fienga incassa una buonuscita da 1,5 milioni e replica gentile: «Sono onorato di rimanere a disposizione come Advisor della società». Tra i ringraziamenti, spicca però anche quello ai tifosi della Roma «per avermi insegnato che la Roma non è solo un’azienda ed è molto più di una squadra di calcio». Una lezione che gli sarà utile, perché non saremmo sorpresi se presto Fienga trasferisse la sua esperienza, ormai un misto tra affari e passione, nell’ambito della politica sportiva, magari nella Lega di Dal Pino. Otto anni di Roma, d’altronde, valgono un secolo da altre parti.



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