Dove c’era Totti, da 20 anni, domenica sera c’è stato Florenzi. Dalla mente ai polpacci, dalla tecnica alla corsa, dal colpo di genio al colpo di forza. Col numero 24 sulle spalle, Alessandro Florenzi ha giocato da numero 10. Contro l’Inter è stata la mossa a sorpresa di Spalletti che l’anno scorso realizzò il suo capolavoro con un’idea di quello stesso tipo. Con due ali come Salah ed El Shaarawy, mise al centro dell’attacco, uno accanto all’altro, un fantasista come Perotti e un incursore come Nainggolan che, non a caso, nel girone di ritorno, quello di Spalletti, segnò 6 gol sfruttando una posizione più avanzata del solito. Non c’era un falso 9, ce n’erano due. Due numeri 9 taroccati. Definimmo numericamente quel sistema di gioco con un 4-2-4: gli avversari non sapevano mai se erano più avanzate le ali rispetto ai due attaccanti centrali o viceversa.
COME NAINGGOLAN Quest’anno, sfruttando di più Dzeko come prima punta, il modulo è rientrato in una sede più conosciuta, il 4-2-3-1, con Nainggolan al centro del terzetto che si muove alle spalle del centravanti bosniaco. Il belga però non è in un momento di grande forma e domenica sera Spalletti lo ha portato in panchina (è entrato solo a partita ormai finita) e ha inventato Florenzi trequartista, con Salah a destra, Perotti a sinistra e Dzeko prima punta. Nel paragone con Totti, abbiamo indugiato sulle naturali differenze tecniche fra i due, ma questo non significa che Florenzi, oltre alla logica interpretazione del ruolo sul piano atletico, dinamico e tattico, non abbia pure una buona base tecnica. Non da numero 10, ma neppure da mediano buono solo a recuperare palla. Florenzi ha pure un bel piede e lo confermano i gol (18 negli ultimi 3 campionati, escluso quello attuale, giocando ovunque ma raramente in attacco) e le punizioni di cui adesso è incaricato. Contro l’Inter, dai suoi calci piazzati nel finale di gara sono arrivati il gol di testa di Manolas (con deviazione di Icardi) e quel micidiale colpo di testa di Dzeko su cui Handanovic ha fatto l’ultimo miracolo.
IL COMPITO Spalletti gli aveva affidato un compito tatticamente decisivo: marcare Medel all’inizio della manovra interista. Marcarlo quando la palla era dell’Inter, ma quando la palla era della Roma doveva inserirsi e trasformarsi anche nella sponda di Salah. Era la prima volta in quella nuova posizione, ma Florenzi l’ha interpretata con attenzione, coraggio, applicazione e buona tecnica. Abituato ad avere la linea laterale alla sua destra (più di rado alla sua sinistra), pensavamo all’inizio che se avesse incontrato qualche difficoltà di orientamento sarebbe stato normale, quasi inevitabile. Invece Florenzi l’ha giocata bene, favorendo la squadra in tutto e per tutto come fa quando gioca da terzino o da ala. Un 10 per gli altri, mai per sé.
OVUNQUE A 25 anni compiuti, il suo bagaglio di conoscenze tecniche e tattiche è paragonabile a quello di un ultratrentenne. Ha giocato in quasi tutte le zone del campo, da terzino destro e sinistro (nella Nazionale di Conte), da interno destro e sinistro, da ala e ora anche da trequartista. Giocatori così li chiamano jolly, ma il termine fa pensare anche a un tappabuchi: dove c’è necessità, lì lo metti. Ecco, non è il caso di Florenzi. E’ molto di più, è molto diverso. Un termine può definirlo meglio di altri: è l’affidabile della Roma.
(Corriere dello Sport – A. Polverosi)
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