Il processo all’intenzione è sempre poco utile. Che gara sarebbe stata senza gli infortuni? Milik avrebbe garantito quel peso specifico mancato alla fase offensiva del Napoli? Con Bruno Peres e Strootman disponibili, Spalletti avrebbe optato per questo tipo di atteggiamento e sistema di gioco? Chiacchiere fini a se stesse. Quel che è certo e che la sfida tattica l’ha stravinta Spalletti, capace di disegnare una Roma nuova, accorta ma anche arrembante in ripartenza, corta tra i reparti e ben disposta in ampiezza (larghezza di squadra su 50,4 metri contro i 45,8 del Napoli), con Florenzi e Perotti esterni di centrocampo alti e larghi in fase offensiva, e velocissimi a stringersi a difesa e centrocampo, tanto da ridisegnare il sistema di partenza da 3-4-1-2 a 4-1-4-1 senza palla. Spalletti fa scacco matto, arginando la fonte di gioco azzurra – Nainggolan su Jorginho, totalmente fuori partita – e costringendo la catena di sinistra del Napoli, la più pericolosa e intraprendente, a rinculare o addirittura a rincorrere i suoi giocatori lanciati in profondità. Florenzi larghissimo a destra costringe Ghoulam a starsene più sulla difensiva, Salah a metà strada tra Ghoulam e Koulibaly diventa la variabile impazzita che fa saltare il banco. L’effetto domino fa crollare le certezze del Napoli. Ghoulam è spesso fuori posizione, così Salah si allarga alle sue spalle costringendo Koulibaly a scivolare sull’esterno. E quando l’egiziano si stringe palla al piede, è Florenzi a tenere basso Ghoulam e a costringere Hamsik e Insigne a giocare più indietro rispetto al solito. Il tutto a vantaggio dei palleggiatori della Roma – De Rossi e Paredes – che possono impostare senza pressione.

LIMITE – Il limite di Sarri è stato quello di non riuscire a leggere subito la situazione. E poi di non avere trovato una contromossa per mettere in crisi il piano tattico di Spalletti. Il Napoli ha confermato così di essere schiavo del suo bel gioco. Quando non riesce a esprimersi, è buio. La sensazione è che molti allenatori abbiano studiato nei dettagli il sistema di gioco di Sarri, trovando delle contromisure affidabili nell’aggressività e nella compattezza difensiva. Spalletti ha scelto i tre difensori proprio per cercare di togliere profondità alla manovra azzurra. Così Callejon è sembrato spaesato, Gabbiadini — mai cercato per la verità dai compagni — quasi nullo.

UOMINI CHIAVE – I numeri aiutano poi a capire meglio. Il baricentro della Roma è stato molto basso (41,3 metri), quello del Napoli molto alto (59,4). E proprio nelle praterie dietro la linea difensiva azzurra Spalletti ha costruito il suo sacco del San Paolo, che porta sì la firma di Dzeko, ma anche quelle di Salah, Perotti e Florenzi. Per l’egiziano oltre al gol anche 4 occasioni create, tre sponde, tre cross, un dribbling riuscito, un assist, sette palloni recuperati e 56 palloni giocati. Un incubo insomma per la difesa del Napoli. Ma non il solo. Come detto in precedenza, la Roma ha fatto la differenza sulle fasce. Per Perotti 4 cross, tre sponde, due occasioni create, tre lanci e due dribbling riusciti. 4 intercetti e 6 palle recuperate. Stessi intercetti e recuperi per Florenzi, che aggiunge però otto lanci e due cross. Insomma, la Roma ha annullato le linee di passaggio del Napoli, colpito una volta scoperto.

(Gazzetta dello Sport – V. D’Angelo)



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