NOTIZIE AS ROMA FONSECA – La lente di ingrandimento è sempre appoggiata lì, sulla panchina giallorossa. Come in estate dopo l’eliminazione dall’Europa League senza mai stare in partita e come dopo la trasferta di Verona la notte del debutto in campionato, riferisce Il Messaggero. Il dubbio è Fonseca, guida insicura per la Roma che, sabato sera, ha vinto il 1° match in stagionale. Ma la prestazione è stata insufficiente: decisivi gli interventi Mirante e gli errori di Lasagna e Okaka che hanno coperto le lacune giallorosse in fase difensiva.
Gaffe dei singoli, celebrati solo tenendo conto del risultato finale e non della galleria degli orrori, e soprattutto di squadra. Rischi che non sono diventati gol solo perché l’Udinese, unica in serie A, è ancora a digiuno di reti e di punti (con il Crotone e il Torino). Come se non bastasse, in attacco, l’ultimo tiro in porta al 13° minuto della ripresa: l’innocuo colpo di testa di Dzeko.
E’ andata bene, insomma, per la classifica. Non per la famiglia Friedkin. Padre e figlio hanno preso atto del passo indietro dopo il pari contro la Juve all’Olimpico: il presidente Dan e il vice Ryan, bocciando la prova alla Dacia Arena, riprenderanno la riflessione fatta già ad agosto e durata fino alla sfida contro i campioni d’Italia.
Bisogna fare chiarezza: la situazione attuale è la stessa di 2 mesi fa, quando l’allenatore giudicò positiva la stagione, prendendo in contropiede chi ha frequentato Trigoria nell’ultimo anno. Fuori ai quarti di Coppa Italia e agli ottavi di Europa League, solo 5° posto in campionato, senza mai lottare per la zona Champions. Qualcuno si è chiesto che cosa sarebbe dovuto succedere per definirla mediocre o negativa. Fonseca si è salvato allora e resiste oggi solo per il preoccupante indebitamento del club giallorosso. In sintesi: la Roma non vorrebbe pagare fino a giugno 2 tecnici.
Ecco perché l’avvicendamento non è stato preso in esame prima dell’inizio di questo torneo e non è la priorità di queste ore. Al tempo stesso, come è giusto che sia, i Friedkin si guardano attorno. E si muovono. Incontri ne hanno avuti in Italia e all’estero, cambiando spesso interlocutore. Spezzando anche la continuità di qualche rapporto privilegiato con i soliti procuratori che da tempo dettano legge sul pianeta giallorosso.
Ad esempio con Ragnick, a differenza che con Paratici, hanno interpellato un manager che frequenta pure gli States. E ad Allegri, invece, sono arrivati senza passare per alcun procuratore, quasi uscendo dal mondo del calcio. Addirittura anche Commisso, quando è stato proposto la scorsa settimana Vlahovic direttamente al presidente, gli ha consigliato con chi interfacciarsi. La serata di Udine, intanto, si è conclusa con la dichiarazione che proprio non è andata giù alla proprietà Usa.
«Sono fiducioso per Smalling, anche perché non possiamo restare solo con tre centrali» ha rilanciato Fonseca, cogliendo al volo i primi 3 punti in campionato per andare alla cassa. La sua posizione, però, è stata ritenuta inopportuna: la Roma fatica a convincere lo United che, tra l’altro, si è lamentato con Fienga per le telefonate del portoghese al giocatore (pubblicizzate davanti ai media).
La società giallorossa, comunque, cercherà di accontentare l’allenatore: la difesa è numericamente incompleta. Fazio resta perché la Sampdoria non lo vuole accontentare (e, copiando Ferrero, nemmeno il texano) e Jesus vive il gruppo come fosse fuori rosa. L’investimento, però, è per la Roma e non per Fonseca. Per rendere più competitiva la squadra nella corsa Champions. Se poi bisognerà cambiare in panchina, Smalling andrà bene anche ad Allegri o a Sarri. Sarebbe piaciuto, del resto, pure a Conte.
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