Edin Dzeko e Aleksandar Kolarov

(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini) Una volta c’erano «Il Buono, il Brutto e il Cattivo». Facevano pochi sconti, sapevano sparare ed incontrarli, tutto sommato, non era proprio un’esperienza piacevole. Ma i tempi cambiano, e così gli eroi da western raccontati da Sergio Leone hanno lasciato il posto ai calciatori e alla loro etica ed estetica. Morale: ognuno ha la sua Trimurti, e quella della Roma santifica Alisson Ramses Becker, Aleksandar Kolarov ed Edin Dzeko. Dei 21 giocatori impiegati finora da Eusebio Di Francesco infatti, il portiere, il difensore e l’attaccante sono gli unici ad essere sempre stati impiegati da titolari, con la variabile ulteriore rappresentata dal fatto che Alisson e Kolarov non hanno saltato neppure un minuto.

VOTI DA VETRINA – Nessuna sorpresa, perciò, che la Roma in risalita, li premi anche nei voti. Il portiere brasiliano – sempre sufficiente in campionato – può anche il vantare il fiore all’occhiello dell’8,5 in Champions League contro l’Atletico Madrid. L’esterno serbo, invece, viaggia ad una media di 6,62 in Serie A, mentre l’attaccante bosniaco lo supera addirittura grazie ad un ottimo 6,88 di media in campionato, ma soprattutto grazie ai 5 gol realizzati in 4 partite.

IL PORTIERE – Con queste premesse, forte di una squadra che non ha subito reti in 4 delle 5 partite disputate, non meraviglia la soddisfazione di Alisson. «Sono molto contento – ha detto a TRS –, è un momento speciale per me. Gioco con continuità ed è quello che volevo. Sono felice anche perché stiamo facendo bene come squadra e come difesa». Insomma, «l’oggetto misterioso» non abita più qui. «Ho mostrato tutto il mio potenziale in Brasile dove ho giocato la Libertadores, e quando sono arrivato a Roma ero giàtitolare in Nazionale. Sono stato sempre sicuro del mio valore». Adesso lo è ancora di più, visto il lavoro svolto col preparatore dei portieri Marco Savorani. «È importantissimo sia per la mia crescita quanto per la tecnica che fuori dal campo. Mi sono trovato bene con lui. Tra l’altro, ho cambiato il tipo di lavoro rispetto al Brasile dove si lavora più sulla velocità e sull’esplosività, mentre qui in Europa il lavoro è più tecnico. Questa combinazione di preparazioni mi sta aiutando tanto anche quando torno a giocare nella Seleçao».

L’ASSE SLAVO – Per questo, in fondo, Alisson sta diventando sempre più un perno della propria nazionale, così come lo sono da tempo Kolarov e Dzeko nelle loro. Ricordato con malinconia il fatto che alcuni tifosi giallorossi all’inizio abbiano contestato il serbo per il suo passato nella Lazio, quest’ultimo ha assunto ormai una leadership a suon di prestazioni eccellenti e sull’onda del fatto che è il giocatore che finora ha toccato più palloni. L’asse slavo con Dzeko–entrambi ex Manchester City – funziona poi alla grande, e così il centravanti bosniaco può godere degli assist del compagno, come si è visto nella goleada di Benevento. «Le partite facili non esistono – ha spiegato Dzeko –. Si diceva che la Roma perdesse i punti contro le piccole, ora invece facciamo bene. Con Kolarov, poi, l’intesa è grande. Aleksandar l’ho segnalato io a Monchi».

DIFRA: IL SORPASSO – In tutto questo, comunque, la mano e la testa di Di Francesco c’è tutta. Basti pensare solo ad un episodio: il colloquio privato che i due ebbero dopo lo sfogo di Dzeko nella notte di Champions. Da lì qualcosa è scattato e adesso a Roma nessuno si sorprende che, nelle prime 4 partite di campionato giocate, l’abruzzese abbia sorpassato lo Spalletti di un anno fa: 9 punti contro 7. Impressioni? Meglio restare sintonizzati.



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