Josè Mourinho

AS ROMA NEWS CARDINALE FREZZA – Prima il Vangelo poi – nel gradino immediatamente sottostante – la passione per la Roma. “Da bambino dicevo: sono nato a Roma e quindi sono tifoso della Roma”. Naturalmente don Fortunato Frezza, 80 anni da poco compiuti, non ha mai cambiato idea. Al concistoro del 27 agosto sarà il primo cardinale della storia ad essere cappellano di una squadra di calcio. Questa l’intervista de Il Messaggero all’ex cappellano di Trigoria.

Quelli della Lazio non ci resteranno male? 
“Chissà, forse se in un successivo concistoro il Papa potrebbe scegliere un cardinale laziale, non si può mai sapere. Di sicuro le scelte non vengono mai fatte su basi calcistiche, non è mica un derby”.

A proposito di circostanze, lei riceverà la berretta rossa a ridosso della coppa vinta dalla Roma… 
“Da tifoso, per scherzarci sopra, mi viene da dirlo. Ma è ovvio che non è così”.

Saranno però felici i romanisti in curia. Siete in tanti? 
“Ce ne sono così come ci sono tantissimi laziali. Il Papa invece è super partes, tifa per il San Lorenzo, la gloriosa squadra di Buenos Aires”.

La domenica, dopo la messa va allo stadio in curva sud o in tribuna coi vip? 
“Sono anni che non vado all’Olimpico. Guardo le partite da casa oppure le ascolto alla radio. In tribuna sono stato solo un paio di volte: mi regalò dei biglietti Luciano Spalletti, con il quale ho mantenuto buonissimi rapporti umani”.

Che rapporto ha un cappellano coi giocatori? 
“Fino ad alcuni anni fa andavo a Trigoria il sabato pomeriggio, quando la Roma giocava in casa, e celebravo la messa. Lì avevo modo di parlare con loro. Mi mettevo in ascolto. Purtroppo questa prassi si è interrotta con l’arrivo della precedente gestione americana. La cappella inaugurata e benedetta durante il Giubileo del 2000 è stata smantellata”.

Perché? 
“Volevano ricavare lo spazio per degli uffici. Le dico questo senza alcuna vena polemica, del resto non avrebbe senso e non voglio interferire. Ho solo una certa pena nel cuore. Non so che fine abbiano fatto gli arredi liturgici, i calici, l’altare. Ricordo però con tanto affetto quando venivano tutti a messa. Il presidente, gli allenatori, i calciatori, a volte con le famiglie. Anche Nils Liedholm nonostante fosse protestante. Accompagnava la moglie cattolica. Simpaticissimo”.

Così ora prega per gli atleti e segue da lontano la Roma… 
“La passione giallorossa (preferisco parlare di passione e non di fede, un termine improprio) è rimasta inalterata. Lo sa come mi immagino la prossima stagione?”.

No, come? 
“Migliore di quella appena fatta. José Mourinho è un autentico prodigio, sa tirar fuori il meglio dagli atleti, anche da coloro che non hanno grandi qualità e sa metterli in campo al momento giusto, al massimo delle loro forze. Un pregio rarissimo..”.

Quando la Roma ha vinto la Conference League dalla felicità è andato al Divino Amore? (ride) “Come hanno giocato bene! È stato un piacere vederli così fluidi, positivi, coraggiosi. Si capiva che la squadra cercava con tenacia la vittoria. Avanzavano compatti. Ho visto la partita a casa mia assieme al mio amico canonico don Americo Ciani. Abbiamo festeggiato bevendoci un succo di frutta”.

Quale è il calciatore che la ha fatta emozionare più di tutti? 
“In assoluto Lionello Manfredonia era un epico difensore della Roma. Fu salvato mentre gioca- va a Bologna con meno 7 di temperatura, è caduto a terra con una interruzione del battito cardiaco, e fu salvato per miracolo. E poi Conti, Giannini, Carboni, Perrotta, Nela, Pruzzo, Tommasi che ora è sindaco a Verona. Ovviamente Totti resta il mio mito. Siamo entrati assieme nella Roma, lui aveva 14 anni, un talento innato”.

Il calcio è un veicolo di valori positivi? 
“Resta una risorsa preziosa. Trasmette il senso della solidarietà, del coraggio, della lealtà. Bisogna battersi con regole condivise. Insegna anche il valore ascetico dello sforzo fisico. È una palestra umana”.



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