Rassegna stampa
Friedkin c’è ancora. Fienga può salvarsi
NOTIZIE AS ROMA FRIEDKIN – Non c’è niente di male a immaginare un futuro limpido, mentre fuori dalla finestra si notano gli effetti di un monsone inaspettato. Guido Fienga si è affacciato e non ha ancora visto Friedkin ma spera che l’aereo del potenziale acquirente (non solo in senso metaforico) atterri presto in Italia per salvarlo da una situazione di caos generalizzato.
La Roma in questo momento è più una speranza che una certezza, almeno da un punto di vista finanziario, perché il presidente Pallotta ha deciso di vendere ma non ha mai accettato di vendere a Friedkin.
Raccontano i soliti sapientini, quelli del fidati-di-me-io-lo-conosco-bene, che i due non si siano simpatici. Ma quando in ballo c’è un business da 710 milioni, poi ridotti a causa del Covid a 585, può mai essere un odore rancido a far saltare tutto? No. Di sicuro Pallotta ha dato la sua versione della vicenda: non gli piacevano le garanzie e le modalità di pagamento, nell’ultimo contatto che ha avuto il mese scorso.
Friedkin invece ha lasciato trapelare una certa irritazione ma non ha voluto rispondere alla critica. Ha fatto in modo che si capisse che il suo progetto industriale, per come era stato concepito, avrebbe allentato le tensioni e probabilmente rilanciato la Roma. Con Zaniolo, con Pellegrini, con i soldi e l’ambizione. Ma questo a Pallotta comprensibilmente interessa poco. Da uomo d’affari, Pallotta vuole trarre il meglio dall’investimento varato 9 anni fa in compagnia di altri miliardari di Boston. E ritiene che la Roma, magari con il conforto della politica che può sbloccare l’iter per lo stadio di Tor di Valle, meriti proposte migliori.
Per il momento però nessun interlocutore ha mostrato interesse concreto per la società. Non ai livelli di una due diligence, per intendersi. Quando Goldman Sachs (ma anche Franco Baldini si sta guardando intorno) ha presentato la brochure contenente il dossier Roma ha ricevuto tante risposte cortesi e niente di più. Per questo Friedkin è ancora l’àncora. Un imprenditore del suo calibro non si spinge fino a Milano, dove è stato avvistato a febbraio nei giorni più caldi della negoziazione, per tornare indietro a mani vuote. E non lascia che un figlio giovane ed entusiasta, Ryan, prenda accordi per un appartamento di lusso a Roma.
Sono tanti quindi gli indicatori che portano a credere in una nuova ripresa delle relazioni diplomatiche. E la stessa (auto)intervista di Pallotta, se letta tra le righe, conferma la volontà del venditore di tenere acceso il rapporto commerciale. E’ una questione tra ricchi americani, dunque. Ma per la Roma è meglio che si esca dalla tempesta del dubbio, altrimenti il monsone tornerà a fare danni.
(Corriere dello Sport)
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