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Rassegna stampa

Friedkin, pressioni su Pallotta. Ma il prezzo non è giusto

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NOTIZIE CESSIONE AS ROMA FRIEDKIN – Aspettando Jim. La nuova proposta di Friedkin è sul piatto. Non si discosta dalla precedente presentata a maggio sul quantum (490 più 85 come quota di aumento capitale riservato) ma nelle modalità. Tutti e subito, senza condizioni. Tocca a Pallotta decidere.

Per ora il presidente della Roma prende tempo. E l’attesa è logica guardandola con i suoi occhi. L’ago della bilancia in questa partita che porta alla cessione rimane sempre lo stadio che potrebbe – qualora ci fosse il via libera dal Comune – di colpo rialzare le quotazioni del club, drasticamente scese nel post-Covid rispetto ai 704 milioni sui quali si stava discutendo tra fine 2019 e inizio 2020. 

Pallotta ha deciso di rischiare. Del resto è il suo mestiere. Dopo aver garantito (con un’operazione di factoring sui futuri introiti al botteghino) la liquidità necessaria al club per l’immediato (26 milioni) e aver chiesto un prestito bancario di 6 milioni di euro con la garanzia statale in base al Decreto Liquidità dell’8 aprile (che permette alla società di risparmiare sul tasso d’interesse, passato dal 12% al 2,35% annuo) per pagare gli stipendi ai dipendenti, proprio in virtù del provvedimento governativo può attendere sino al 31 dicembre per completare l’aumento di capitale. Con la consapevolezza, tra l’altro, che non basteranno i 42 milioni per arrivare a quota 150.

Contemporaneamente infatti bisognerà far fronte anche alle esigenze di cassa, di nuovo impellenti. Da Trigoria il fabbisogno è quantificato in non meno di ulteriori 20 milioni. Riassumendo: entro la fine dell’anno solare, il presidente giallorosso dovrebbe immettere altri 60 milioni. Soldi che né lui tantomeno i soci che lo accompagnano in questa avventura – al netto delle rassicurazioni pubbliche – vorrebbero elargire senza un ritorno.

Rischia dunque di diventare una partita a scacchi. E in quest’ottica, la mossa di Friedkin – consapevole che Pallotta chiede almeno 600 milioni per farsi da parte – può essere interpretata soltanto come un modo per mettere pressione all’imprenditore bostoniano a livello mediatico, anche perché le due piste alternative (sudamericana legata a Baldini e paesi arabi seguita da vicino da Baldissoni) per ora non sono decollate.

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Senza dimenticare che eventualmente, qualora dovessero avere delle accelerazioni, necessiterebbero almeno di 6 mesi tra due diligence e proposte varie. E quindi verrebbe superata la dead-line del 31 dicembre, con tutti gli impegni finanziari che ne conseguono. L’unico pronto rimane Friedkin. L’ultima mossa è lì a dimostrarlo. 

(Il Messaggero)

FOTO: Credits by Shutterstock.com

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