Josè Mourinho

ULTIME NOTIZIE AS ROMA ATALANTA MOURINHO – Undici anni è la distanza che intercorre tra il Triplete e l’attuale sesto posto, tra una qualificazione in Champions sfiorata a sorpresa con il Genoa e il sogno nemmeno troppo nascosto di uno scudetto storico con l’Atalanta; tra un invincibile in cima al mondo e uno Special in cerca di rilancio, scrive Il Messaggero.

Atalanta-Roma sono loro due: Mourinho e Gasperini. Perché nel pomeriggio, oltre al duello tra Zapata e Abraham, la scena la rubano i due allenatori. È la sfida tra chi vola e chi fatica a decollare, tra chi fa sognare e chi può sognare ancora poco, tra chi predica un calcio offensivo e chi invece fa dell’organizzazione difensiva il suo credo.

Undici anni fa, dopo un Genoa-Inter 0-0, Mou si spese per Gasp: «Davvero bravo, ha risposto ad ogni mossa, l’unico a mettermi in difficoltà». Moratti lo ascoltò con un anno di ritardo. Per sostituirlo, inizialmente preferì Benitez e poi in corsa Leonardo. Gasp arrivò nell’estate successiva (2011), dovendo comunque fare i conti con l’eredità pesantissima lasciata da José. La rivoluzione fallì prima di cominciare, dopo 5 partite.

Oggi lo scenario è ribaltato. Il tecnico piemontese vola, quello portoghese rincorre a distanza. Il primo è moderno, l’altro per qualcuno comincia a rappresentare il passato. Eppure, 58 anni Mou, 63 Gasp. Che non dimentica. E ieri ha teso la mano verso José: «È un grande allenatore, sono convinto che potrà alzare il livello». Una stima vera, sincera e non perché entrambi sono nati lo stesso giorno (26 gennaio).

Anche la clessidra del tempo ora li vede agli antipodi. Gasperini è pronto a raccogliere, Mourinho ha appena iniziato a seminare: «Sono sei mesi di lavoro per me, sei anni per Gian Piero. E non vuol dire solo identità, idee, allenamenti, ma anche 12 finestre di mercato contro una. L’Atalanta è una società fantastica, stabile. Era una squadra di metà classifica, ora è da Champions League e gioca per vincere lo scudetto. Noi siamo invece un club con una proprietà nuova, un allenatore arrivato da sei mesi, con un mercato reattivo». Sembra il prologo ad una resa anticipata. Sbagliato: «Detto questo, il calcio è il calcio. Non firmo per il pareggio. Andiamo a Bergamo per vincere».

Un verbo che non è altro che un modus vivendi. Una vera e propria ossessione. Per questo motivo quando gli chiedono se l’Atalanta può rappresentare un modello da seguire, sorride sornione: «Ce ne sono diversi. Io ad esempio sono stato in club con progetti diversi, che si basavano su mercati aggressivi e molto costosi. Il loro lavoro mi piace, rispetto e ammirazione. Dove erano però 10 anni fa? Per questo se noi romanisti guardiamo in maniera fiduciosa ai nostri proprietari e all’allenatore, sono sicuro che la direzione è quella giusta».

Anche perché, a luglio, era stato proprio lui a tracciare una linea temporale: «Vincere entro 3 anni». Ma vincere è anche raggiungere degli obiettivi: «Ci sono allenatori che si emozionano per la salvezza. In questa prima stagione non abbiamo nemmeno un target, al di là della classifica. Quando un progetto è a lungo termine, ci deve essere empatia e qui c’è». E per far sì che non si incrini, tornare in corsa per un obiettivo come la Champions (distante oggi 8 punti) potrebbe aiutare: «Non voglio giocare la partita con questo pensiero ma ripeto, vogliamo vincere». Torna Zaniolo («Sono contento di lui, i gol arriveranno»), recupera Smalling, in dubbio Ibanez: in mattinata il provino decisivo. Nel pomeriggio, invece, il test cruciale è per la Roma.



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