(Gazzetta dello Sport – C. Zucchelli/D. Stoppini) Siamo ai confini di una realtà che ciclicamente si ripete. «Tifiamo solo la maglia», e ancora «venite sotto la curva» e poi, visto che sotto la Sud non ci si può più andare ecco «vi romperemo il c…»: che triste ritornello, il solito ritornello, la solita contestazione, la solita sconfitta casalinga. La noia travolge la Roma e la deriva è pericolosa più che mai, perché lo stadio Olimpico è diventato nemico: cinque sconfitte casalinghe in campionato (sei stagionali considerando la Coppa Italia), tre k.o. nelle ultime quattro partite. Il totale fa spavento: non accadeva, alla giornata numero 26, dalla stagione 1993-94. Di anni ne sono passati più di venti, la musica non cambia, unica a non passare di moda. Ora la classifica dice quinto posto, il Milan è a meno sei, la prospettiva di un prossimo fine settimana dalle parti di Napoli e, guardando più avanti, un ritorno di Champions da giocare in casa: per alcuni è un vantaggio, per la Roma non può esserlo, lo raccontano i numeri.
SENATORI GIU’ – Diceva Eusebio Di Francesco, dopo il ribaltone subito a Kharkiv, di sentirsi tradito dai senatori della squadra, i giocatori di maggiore esperienza. Contro il Milan, De Rossi e Dzeko sono rimasti in panchina: la figuraccia l’hanno fatta Strootman, Nainggolan (con o senza dente) e Kolarov, tra i peggiori in campo di una squadra che non sa più che cosa fare quando ha il pallone e pure quando deve rincorrere. La serie di tre vittorie consecutive contro Verona, Benevento e Udinese, a questo punto, non fu vera gloria. Non appena si è alzato il livello degli avversari – Shakhtar Donetsk in Champions e Milan in campionato – sono arrivati quattro gol subiti che potevano essere più del doppio. E soprattutto una sensazione perenne di una Roma in balia dell’avversario.
GIOVANI PURE – Senatori giù, ma pure i giovani. Perché Ünder e Pellegrini lasciano il campo per problemi fisici, alla caviglia il turco, al flessore l’italiano. Roba di poco conto, infatti non sono stati quelli a impedirgli di essere determinanti, trascinati dalla mediocrità generale, nonostante all’inizio, soprattutto Cengiz, sembrassero più in palla dei compagni. E invece niente, col passare dei minuti anche loro hanno perso la capacità incidere. Come gli altri, sommersi dalla reattività e dall’entusiasmo di due coetanei, Cutrone e Calabria. Loro, quando vanno a festeggiare sotto al settore ospiti, la pioggia neppure la sentono. Per gli altri, invece, nevica sull’Olimpico.
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