Gerson Santos da Silva, meglio noto come Gerson, classe 1997, ricomincia da Lilla. Cittadina francese tranquilla, a un passo dal Belgio. Si sta bene, anche se il clima non è un granché. Si poteva vivere serenamente pure a Frosinone, dove Gerson non è voluto andare perché forse piazza troppo svilente per le sue enormi potenzialità, ma lì probabilmente avrebbe studiato di più il nostro calcio. Pazienza, è andata così. Gerson, quello con la clausola del Pallone d’Oro sul contratto, è stato prestato per una somma di 5 milioni e se il Lilla lo vorrà, dovrà/potrà versare 13 milioni, coprendo così il costo dell’operazione che Sabatini fece fare alla Roma un paio di anni fa. Una promessa di cessione è da leggere come una rinuncia al talento. Un talento sicuramente per Sabatini («lo porto via con me», disse; non è che il ds del Lilla sia proprio Walter?), forse non per chi ora gestisce le cose della Roma e che forse in questo talento crede un po’ meno e magari quei 18 milioni li avrebbe risparmiati volentieri.
VITE SALVATE A Gerson fu regalata la maglia di Totti (ancora in attività) con il suo nome sulle spalle, e apriti cielo. Non avevamo capito niente noi e tutti quelli che si sono indignati in quel periodo. Così si fa del male al ragazzo, disse a gran voce l’ex ds giallorosso. Quel ragazzo, con Spalletti, non ha praticamente mai giocato, lo si ricorda per essere sceso in campo da titolare nella partita più importante della stagione, contro la Juventus. Lucio a Pinzolo lo definì «bellino». Insomma, si era capito subito: non era aria. Questo ragazzo andava salvato, la sua vita era in pericolo come quella di Dodò, ricordate? A Lilla sarà al sicuro. Ma la domanda è una: a questi ragazzi fanno più male le legittime diffidenze di una piazza o gli elogi sperticati di chi li va a prendere a suon di milioni?
(Il Messaggero – A. Angeloni)
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