ULTIME NOTIZIE AS ROMA MILAN GIALLINI – Marco Giallini è un fiume in piena. Quando qualcosa lo appassiona le parole corrono veloci, prendono strade inattese, a volte tornano sul sentiero principale, altre no. Ma ci piace per questo. La Gazzetta dello Sport lo ha intervistato in occasione della presentazione di Io sono Babbo Natale, in sala dal 3 novembre.
Giallini tifa Roma perché?
«E perché? Diciamo che la mia famiglia è un po’ inglese sul tifo, se sei dello United tuo figlio dev’essere dello United, non può diventare del City. E così io non potevo che essere romanista, anche perché il calcio fino a poco tempo fa era metafora della guerra di cui abbiamo bisogno per scannarci la domenica, per modo di dire eh! Ogni gol è come se ne avessi ammazzati una quindicina… E ve lo dice uno che non ammazzerebbe una mosca».
Quindi va allo stadio?
«Adesso meno, magari mi riprendono e vedermi sul maxischermo mi fa sentire veramente un co…, preferisco starmene a casa».
La prima partita che ha visto?
«Roma-Foggia 3-1, stagione 1970-71, avevo sette anni. Mi portò allo stadio mio fratello Gianfranco». Poi si ferma, prende fiato e parte: «Ginulfi, Scaratti, Petrelli, Salvori, Bet, Santarini, Cappellini, Del Sol, Zigoni, Cordova, Amarildo. Allenatore Helenio Herrera. Ecco, questa era la formazione della mia prima partita. Poi Roma-Milan: giocava, mammamia, Nestor Combin. Ho avuto anche la fortuna di vedere Cudicini. Gianfranco mi portava in Curva Nord perché in Sud c’erano già quelli un po’ più animati. Poi l’ho frequentata in un secondo tempo però mai in gruppi: stavo sempre lì, benvoluto da tutti. E purtroppo ero dietro alla porta, dritto per dritto, anche quella sera maledetta dell’84…».
La finale di Coppa dei Campioni persa con il Liverpool.
«Quando sbagliammo l’ultimo rigore si sentiva il rumore delle falene. E dalla Curva Nord partì “Liverpool, Liverpool!”. E dopo due secondi, “Roma, Roma!”. Ecco. Quella forse, dopo la perdita di alcune persone care, è stata una delle serate più brutte della vita mia. E ancora adesso quando vedo quelli del Liverpool… Diciamo che ascolto i Rolling Stones, sui Beatles mi rode un po’…».
La musica del resto è una delle sue grandi passioni, con il cinema e il calcio.
«In realtà al calcio ho sempre preferito la boxe e il motociclismo. La boxe però l’hanno fatta morire, ora si fanno male, l’arbitro dovrebbe bloccare un po’ prima. Le corse in moto invece ancora mi attirano parecchio. Sono per gli sport un po’ così, diciamo adrenalinici… E poi ho iniziato a masticare qualcosa di rugby. Ho capito perché mi rompeva le palle prima e perché mi piace adesso: ero ignorante. Ora ho pure la maglia dell’Italia e quella degli All Blacks. L’ho scoperto prima di girare Acab : Stefano Sollima, il regista, chiese a me, Favino, Nigro e gli altri di allenarci con il rugby per interpretare i poliziotti. Mi hanno rotto una costola, ho perso tutte e due le unghie degli alluci… però ho capito. Il calcio è diverso, ti mettono lo scarpino in faccia fingendo che sia involontario e magari neanche prendono il cartellino giallo. Poi Pellegrini contro l’Udinese me lo cacciano per quella cazz…».
Un buon gancio per spostarci sulla Roma di oggi.
«Abbiamo una bella squadra. Mourinho mi piace parecchio, del resto quando era nostro avversario non lo sopportavamo perché uno così si fa temere. È uno che dice “grande Spallettone” e dà i buffetti all’avversario, ma che all’occorrenza non evita di ammettere che abbiamo giocato malissimo. Ha cervello. Anche quando perdi, lo fai sapendo che lui qualcosa ai ragazzi dirà… E questo serve sempre. E poi abbiamo grandi giocatori, da Pellegrini a Abraham».
Stasera c’è Roma-Milan.
«Con il Milan in testa alla classifica. Stanno giocando bene, staremo a vedere».
In rossonero non ci sarà il suo amico Florenzi, infortunato.
«Alessandro è una persona che amo profondamente. Gli ho scritto subito quando si è fatto male, mi ha detto di stare tranquillo. Spero torni presto. Parliamo di un giocatore davvero fantastico, quando l’abbiamo ceduto per me è stato come se fosse morta una zia di secondo grado! Uno così ce lo meritavamo, ce lo meritiamo. È uno dei ragazzi con cui, anche se soprattutto epistolarmente, ho un rapporto bellissimo».
Gli altri?
«Beh Francesco (Totti, ndr ), su cui non credo servano commenti, e Daniele (De Rossi, ndr ), che è sempre nel mio cuore veramente perché è una persona di un’altra categoria».
Riuscirà a diventare un bravo allenatore?
«Sicuro».
Anche della Roma?
«Magari!».
In questo film diventa Babbo Natale. Che cosa regalerebbe alla sua squadra?
«Tre giocatori minimo… Di sicuro il 9 della Spagna, quel ragazzino… Gavi! È un fenomeno assoluto, ne sentiremo parlare, ve lo dice uno che non capisce niente. Lui e quell’altro, il 7, Yeremi Pino, sono due giovani mostri. E poi quello con la faccia diversa dai giocatori di oggi se dio vuole, Oyarzabal. Tre spagnoli, regalerei a Mou tre spagnoli».
“Io sono Babbo Natale” è anche l’ultimo film di Gigi Proietti. Recitare con lui è stato come giocare con?
«George Best, perché era quello che ammiravo di più, al di là del mito. E ne dico un altro, forse inaspettato: io amavo tanto Beppe Giannini, è stato il mio capitano per anni, l’idolo della Sud quando c’ero anch’io. E per me potere oggi parlare con lui ogni tanto è un privilegio. Scrivetelo per favore, mi farebbe davvero piacere».
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