Lando Fiorini

(Il Messaggero – S. Antonucci) «Ho gli occhi lucidi. Ma quanto mi è dispiaciuto. È una di quell enotizie che non ti aspetti, che ti lascia spiazzato, perché Lando era come un monumento di Roma, senza età. Non pensi che un giorno possa scomparire». Gigi Proietti è commosso. Ha appena saputo della scomparsa della “voce de Roma”, Lando Fiorini,che in oltre 50 anni di carriera ha raccontato con le sue canzoni storie, amori, leggende e fattacci della sua città: a testimonianza di un sincero amore. «Sapevo che non stava bene e mi dispiace di non essere riuscito a sentirlo in questi mesi .Avevamo cantato insieme nel suo ultimo disco, sì credo che fosse l’ultimo, poi ci siamo un po’ persi. Ed è finita così».

Quale Roma rappresentava Lando Fiorini?
«Quel tipo di Roma che nessuno cerca di tutelare, di conservare. E che invece, resiste. Una città che va fiera delle sue tradizioni, che non si lascia calpestare facilmente».

Anche la lingua di certe canzoni va scomparendo? Il barcarolo romano, Ciumachella de Trastevere…
«Il mio non è un appello alla nostalgia. La musica cambia, così come la poesia o le espressioni che usiamo tutti i giorni. Ed è giusto che sia così. Ma è anche sacrosanto che qualcosa delle nostre tradizioni rimanga e venga tramandato. Forse siamo noi anziani a sentire questa esigenza. Ma visto che di ragazzini non ne nascono più, almeno facciamolo per noi».

Era mai stato al suo Puff, la sala nel cuore di Trastevere?
«Sì, certo che c’ero stato. Un ricordo divertente, carino. Oltre alla musica, lui ha amato molto il teatro, si era inventato quel palcoscenico e ha sempre combattuto per mantenere quello spazio».

Canzoni, qualche gag, i balletti delle soubrette: che tipo di intrattenimento ha inventato Fiorini?
«Un modo di fare spettacolo per un pubblico di ogni tipo, trasteverini, ragazzi, anziani, ma anche qualche straniero. Lì si facevano risate diverse da quelle della tv. Non si rideva a comando».

Che uomo era?
«Non siamo mai stati intimi. La mia non è una commozione da amico. Parlo da spettatore, da romano e ci mancherebbe, anche da romanista».

Il suo inno per la squadra giallorossa lo canta ancora?
«Non ne parliamo che mi commuovo… Noi c’avemo er core grosso».

Il disco che avete fatto insieme?
«Era un disco suo con varie canzoni, tutte romane, quelle classiche. E mi chiese di interpretare insieme Nun je da retta Roma. Bei momenti».

Che impressione le resta nel cuore?
«Lui aveva l’umiltà delle persone intelligenti. Non è mai stato invadente. Ma Roma gli ha restituito tutto».



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