Ryan Friedkin, Daniele De Rossi

Due operazioni, tre volendo considerare anche il prestito secco di Huijsen, che regalano uno squarcio sulla Roma che verrà. Perché c’è stata una Roma avanti Mourinho e un’altra dopo che sta muovendo i primi passi, scrive Il Messaggero.

Una Roma dove prima girava tutto intorno all’ape regina portoghese che dettava tempi, modi, strategie e soluzioni. Una stella cometa che con la sua scia inglobava tutto il mondo giallorosso. Non era più la Roma dei Friedkin, ma la squadra di Mou. Adesso, dopo la rottura traumatica, ne sta nascendo un’altra.

Dove il cambio di filosofia è netto. Non migliore o peggiore rispetto al passato ma differente. La scelta di De Rossi è stato il primo segnale. Il mercato, improntato su calciatori di qualità e con scarsa fisicità (Angeliño e Baldanzi a fatica superano i 170 centimetri) il secondo.

La comunicazione, il terzo. Sia rivolta verso l’interno (si è passati nell’analisi della rosa da “Il potenziale delle squadre da top 4 non è paragonabile con noi ma la gente pensa che io mi chiami José Harry Potter” a “Ho giocatori forti”) che all’esterno. Il rigore concesso al Verona ha lasciato qualche dubbio per un blocco ricevuto da Bove in mediana. Ma né in campo né dopo, è stato fatto una accenno



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