Due giorni di tempo per arrivare a una decisione univoca sullo stadio della Roma. Ma adesso con una condizione in più: trovare una collocazione alternativa a Tor di Valle. A mettere la parola fine sul maxi progetto nell’area dell’ippodromo è stato ieri sera Beppe Grillo, dopo tre ore di riunione con i consiglieri cinquestelle (Virginia Raggi assente) asserragliati in Campidoglio. Un vertice a cui la maggioranza pentastellata è arrivata spaccata. Le ipotesi sul piatto infatti erano due. Da una parte, il taglio di cubature di negozi, uffici e opere pubbliche – «È un’opera da un milione di metri cubi in cui lo stadio rappresenta solo il 15%. Il restante 85% sono altre cose», aveva detto Grillo – spazzata via in serata proprio dal leader M5S. Dall’altra, la revoca della delibera di pubblica utilità varata un anno e mezzo fa dalla giunta Marino, che significherebbe uno stop definitivo in conferenza dei servizi al progetto di Tor di Valle. Ipotesi, quest’ultima, che al momento sembra essere la più accreditata. Raggi ha infatti rimandato a domani l’incontro in programma per ieri con i proponenti del nuovo stadio per necessità di ulteriori approfondimenti.
E, dopo le criticità segnalate da Soprintendenza e Avvocatura capitolina, avrebbe inviato e protocollato proprio ieri agli uffici competenti l’atto cautelativo per chiedere loro di prendere posizione, avviando la verifica della sussistenza dei presupposti per proseguire o al contrario annullare, revocare o modificare la delibera Marino. Spetterà quindi ad Avvocatura e Dipartimento urbanistica pronunciarsi nei prossimi giorni, rispettando la deadline del 28 febbraio. A far propendere la decisione in questo senso sarebbe l’ala più ortodossa del Movimento, tra cui si paventa già la possibilità di un progetto ex novo magari altrove. Nel caso in cui il Campidoglio annullasse il pubblico interesse dello stadio, la conferenza dei servizi il 3 di marzo dovrebbe prenderne atto e si chiuderebbe con ogni probabilità con esito negativo rispettando il principio dell’interesse prevalente. In questo caso i proponenti potrebbero rivalersi sul Campidoglio.
(Leggo – A. Sacconi)
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