(Il Messaggero – A. Marani) Aveva finito di scontare un daspo di tre anni nel 2015. Daniele Sciusco, classe 1989, uno dei due Fedayn arrestati per gli scontri di Liverpool e in attesa di processo il 24 maggio insieme con l’amico Filippo Lombardi, 21 anni. Era l’estate del 2012, a luglio, l’Italia giocava la finale di Euro Kiev contro la Spagna e al Circo Massimo era stato allestito un maxi-schermo per assistere al match. Gli azzurri vengono battuti 4 a 0. Alcuni tifosi italiani cominciano a prendere a calci il monitor, volano bottiglie e sassi, uno di loro sventola un vessillo nazista. Del gruppetto di fermati fa parte anche Sciusco. Per lui scatta il cartellino rosso del Questore: espulso dagli stadi per tre anni. Martedì sera la guerriglia all’Anfield Stadium e un nuovo daspo in vista. Con tutta probabilità gli verrà notificato appena rimetterà piede in Italia e rischia il massimo, 8 anni. Lombardi e un altro degli arrestati (quest’ultimo rilasciato), fanno parte dei Fedayn, storico gruppo ultrà giallorosso, l’unico che ha resistito a mode e cambiamenti mantenendo lo stemma di guerriglieri dal lontano 1972. Frammentati e divisi i gruppi della Curva giallorossa. Non rispondono a un solo capo, non riconoscono un’unica organizzazione. Un magma in movimento che fidelizza sugli spalti quasi 4mila persone, che si plasma a seconda delle situazioni: tutti contro tutti fino a intonare cori diversi, salvo poi riunirsi dietro l’unico grande leitmotiv «la Roma non si discute, si ama» o dietro una contestazione comune. Come quella contro il presidente James Pallotta a inizio anno, spesso incompreso per la sua mentalità imprenditoriale tipicamente a stelle strisce sganciata dalle logiche ultrà vecchia maniera. L’americano aveva ribadito l’utilità delle telecamere dentro gli stadi per riconoscere i violenti e l’affondo non era piaciuto al gruppo Roma Curva Sud predominante che aveva firmato tanto di comunicato.
LA TRADIZIONE – I Fedayn nascono come gruppo di sinistra con base al Quadraro, e qualche incontro a San Lorenzo, altra zona popolare, rispetto agli anni d’oro, hanno perso di appeal, il motore politico si è un po’ inceppato, ma lo zoccolo duro è rimasto. In minoranza numerica occupano la balconata in alto a sinistra, dove espongono i loro striscioni, immancabile quello in memoria di Roberto Rulli, leader e fondatore. Tifano e soffrono il dominio dei Roma (in cui sono confluiti molti degli ex padroni di casa vicini a Casapound) che invece macina consensi, vola sui social, si trova nella parte bassa della Curva e cerca di aggregare il resto della galassia giallorossa, divisa in una miriade di sigle, da Giovinezza a Romanismo, ai Boys. «C’è chi parla e giudica da dietro una tastiera e chi fa i fatti in terra straniera. Onore ai leoni di Anfield!», cita un post Facebook apparso sulla pagina Roma Curva Sud seguita da 35mila persone. Non è un profilo ufficiale, ma basta a scatenare qualche cane sciolto. Ci sono nuovi equilibri nella Sud che vanno definendosi di stagione in stagione e che la differenziano dalla Nord laziale: qui, al contrario, l’organizzazione è rigida e tutto passa per gli Irriducibili.
PROVE DI FORZA – Troppo pochi all’Olimpico, i Fedayn acquistano forza in trasferta quando le distanze dei numeri si accorciano, tanto che in passato non sono mancate frizioni e regolamenti di conti extra-curva per la contesa del territorio-stadio. Vecchi dissidi che sembrano sopiti, la cui cenere però brucia sempre. E gli scontri di Liverpool potrebbero fare acquistare punti, nella logica ultrà, al gruppo del Quadraro, rialzando la posta. Intanto, i fatti di cronaca raccontano che è dei Fedayn la firma sull’agguato di ottobre ai tifosi inglesi del Chelsea al pub Shamrock al Colosseo: una trentina di ultrà incappucciati fecero irruzione nel locale, volarono schiaffi e bastonate, in due vennero fermati dalla polizia. Se a Roma prima di entrare all’Olimpico si limitano a esporre il loro striscione a piazza Mancini, i Fedayn all’estero sembrano acquisire una certa disinvoltura: informative arrivate alla polizia italiana segnalano tafferugli in cui sono stati coinvolti a Lione, Londra e Madrid.
STRISCIONE CHOC – Ieri la famiglia di Ciro Esposito, il supporter partenopeo ferito a morte nel 2014 a Roma prima del match di Coppa tra Napoli e Fiorentina, ha lanciato un appello per dire «stop alla violenza» condannando lo striscione di solidarietà all’ex ultrà romanista ed estremista di destra Daniele De Santis condannato per l’omicidio di Ciro, comparso sulle balaustre dell’Anfield. Anche sulla pezza «DDS con noi» sta indagando la Digos; era già apparsa domenica a Ferrara e stavolta i Fedayn non c’entrano, chi li ha esposti sarebbe già stato identificato.
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