AS ROMA NEWS INTER INZAGHI DE ROSSI – Dopo due stagioni e mezza, Roma-Inter è uscita dall’orbita di Josè Mourinho che ne ha condizionato inesorabilmente le vigilie. E non poteva essere altrimenti per l’allenatore che ha inciso in modo indelebile la storia nerazzurra con il Triplete del 2010 e che ha stregato l’Urbe con un amore travolgente. Ha regalato ai tifosi giallorossi una Conference League e una sfortunata finale di Europa League, scrive La Gazzetta dello Sport.
In cambio, ha ricevuto affetto e fede incondizionata, sproporzionati per eccesso ai risultati ottenuti: mai oltre il 6° posto in campionato, mai in Champions League. Ma l’orgoglio di appartenenza che ha restituito al popolo romanista è stato legittimamente apprezzato come un trofeo. Arrivato trionfalmente in Vespa, lo Speciale se ne è andato a piedi molto meno spettacolarmente e ha restituito Roma-Inter di sabato a panchine normalizzate. Ma fino a un certo punto.
Non è esattamente normale, per un allenatore, vincere 5 Supercoppe italiane (record assoluto), 3 Coppe Italia e sfiorare una Champions League in finale, come ha fatto Simone Inzaghi. E non è normale, per un giocatore, vincere un Mondiale (2006) e, tempo dopo, diventare allenatore del club che ti ha svezzato e che hai rappresentato con 18 anni di passione assoluta, come successo a Daniele De Rossi.
Chiamateli pure Normal One, se volete, ma sappiate che non lo sono, anche se, effettivamente, tutto ciò che accade all’indomani di Mou lascia una sensazione di ridimensionamento, la quiete dopo i fuochi d’artificio. De Rossi e Inzaghi si sono sfidati più volte, hanno alle spalle una lunga storia di derby. In fondo si sono rispettati, nel senso che Simone ne ha giocati 10 da centravanti senza mai segnare un gol e De Rossi ne ha segnato uno a Inzaghi allenatore, ma in un derby vinto dalla Lazio 3-1 (2017). Sabato comincerà la terza fase delle loro sfide: entrambi allenatori, anche se asimmetrici per esperienza. Simone con 8 anni di mestiere in più, Daniele con il foglio rosa di una mezza stagione sfortunata alla Spal e il tirocinio azzurro al fianco del c.t. Roberto Mancini. Come sarà la loro prima sfida da mister?
Inzaghi ci arriva con la voglia di dar seguito alla vittoria più importante, sulla Juve, allontanata a -4, e di scollinare la trasferta più ruvida che gli resta. De Rossi è stato introdotto da un tappeto abbastanza morbido (Verona, Salernitana, Cagliari). In queste partite Daniele ha già smussato le isterie strategiche di Mou, ha strigliato l’ammonito Paredes e mandato una carezza non banale a Simone: «Dicono tutti che l’Inter è la più forte, pochi che è quella che gioca meglio. Fanno un torto a Inzaghi».
E’ cambiata l’aria attorno a Roma-Inter che era esasperata nell’ultimo precedente all’Olimpico (6 maggio scorso). Questa inclinazione a smussare appartiene anche a Inzaghi che ha puntualmente lasciato cadere ogni provocazione di Allegri pre Inter-Juve. Nessuno dei due sente il bisogno di frasi storiche e visibilità da star, preferiscono restare nell’ambito professionale e lasciare la scena ai giocatori.
Cambierà l’aria anche in campo, proprio alla luce del «giocare meglio» riconosciuto da Daniele al rivale. Per quanto non fossero galattici i primi avversari, si è riconosciuto subito lo sforzo di restituire alla Roma il pallone e il piacere di giocarlo. Un po’ di ruggine nelle prime uscite per l’abitudine all’attesa e alla ripartenza, ma domenica, fatta la tara della fragilità del Cagliari, si è vista una manovra più spigliata e una produzione offensiva continua. Una piacevole sorpresa il 4-3-3 di De Rossi, impregnato di qualità: Dybala, Pellegrini… sarà un’altra storia.
Nell’ultimo Roma-Inter, Mourinho (3-5-2) aveva barricato la mediana con Zalewski, Camara, Matic, Bove, Spinazzola e piazzato un centrocampista (Pellegrini) dietro a una punta da guerriglia (Belotti): Abraham e Dybala entrarono nel finale. De Rossi dovrebbe confermare il suo assetto, anche per capire quanto sia sostenibile contro una corazzata come quella nerazzurra. Vero che potrebbe soffrire di leggerezza davanti alle potenti transizioni di Inzaghi, ma è anche vero il contrario.
L’Inter soffre se attaccata, non se è attesa, come faceva Mou e come ha fatto sabato Allegri. La percussione di McKennie che ha quasi mandato in gol Vlahovic è indicativa. Non sempre Calha e Mkhitaryan sono reattivi nell’interdizione se attaccati di corsa, come Dybala e Pellegrini sanno fare, o infilzati da verticali tempestive come quelle mostrate dal debuttante Angeliño. Anche a Firenze, l’Inter, aggredita in massa, è andata in difficoltà. Se De Rossi riuscirà a imporre anche alla capolista la sua logica (impostazione a 3 e falange offensiva a 5 per riempire l’area, un 3-2-5 alla Pioli per capirci) potrà ricavare soddisfazioni. Certo, a patto di assorbire i rischi delle ripartenze di Simone. Ci aspettiamo una partita speciale, tra due finti Normali.
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