AS ROMA NEWS FRIEDKIN – We are proud of you, guys. «Siamo orgogliosi di voi, ragazzi». Applausi. E si va avanti. Trigoria, è un caldo sabato mattino di fine stagione. Per il secondo giorno consecutivo Dan e Ryan Friedkin varcano il cancello principale del centro sportivo della Roma e riuniscono nella palestra la squadra. Con Mourinho, sì. Uniti nella delusione e nella fierezza, scrive il Corriere dello Sport.
Un breve discorso. E il ringraziamento. Si può perdere una partita, si può piangere per una finale, ma il senso di soddisfazione per il percorso, che vale quasi quanto la meta, non è stato minimamente scalfito da un verdetto severissimo. Come ha spiegato Lorenzo Pellegrini in un videomessaggio, la Roma è una famiglia e non smette di esserlo. Proprietà compresa.
Questo di per sé non significa un ritrovato allineamento tra le prospettive della proprietà e le ambizioni dell’allenatore. I Friedkin e Mourinho dovranno anzi parlarsi ancora, dopo il primo breve colloquio avvenuto venerdì, per discutere di programmi e impostare la prossima stagione. Ma quel gelo che si avvertiva a Budapest, quella distanza tra posizioni apparentemente inconciliabili, sembra superabile attraverso il dialogo.
I Friedkin non vogliono esonerare Mourinho con un anno d’anticipo, anche se dovranno affrontare altri sacrifici a causa della mancata partecipazione alla Champions. E Mourinho, come ha urlato alla squadra subito dopo i rigori fatali, vuole restare dentro a un ambiente che gli ha restituito amore incondizionato. Si tratta solo di intendersi sulla composizione dell’organigramma, e sull’aggiunta di un dirigente che possa rappresentare all’esterno la posizione politica del club, e sui rinforzi di mercato. Ma l’idea espressa già alla Puskas Arena conteneva un condensato di verità. Nessuno cerca di rompere, né da una parte né dall’altra, perché non conviene separarsi. Non adesso.
Stasera, a causa della squalifica rimediata a Firenze, Mourinho non potrà andare in panchina. Ma sarà all’Olimpico – qualcuno sostiene possa sedersi in tribuna proprio accanto ai Friedkin – e potrà assaggiare con tutti e cinque i sensi l’affetto della gente, che a lui e soltanto a lui affida la missione di dimenticare la beffa Siviglia. Magari già una vittoria con lo Spezia, nell’ultima di campionato, potrà alimentare la brama di rivincita dei giocatori e dei tifosi, perché certificherebbe la qualificazione all’Euroleague tra le primissime teste di serie. Non basterebbe per il momento a lenire il dispiacere della beffa ungherese ma almeno aiuterà a ricordare che la Roma in due stagioni ha dato lustro al calcio italiano raggiungendo due finali europee.
Non a caso Pellegrini, che è il capitano, ha detto a Mourinho di voler giocare nonostante un dolore alla caviglia che lo tormenta da un paio di settimane. Per esserci si inietterà un antidolorifico. E anche Dybala, che è uscito dalla finale lacrimando e zoppicando dopo il gol dell’illusione romanista, è pronto a dare una mano. Vedremo se dall’inizio o a partita in corso ma ieri si è allenato benino. La squadra è «stremata, psicologicamente e fisicamente», per usare le parole dell’allenatore, ma sa di doversi impegnare per onorare il campionato: al di là della correttezza verso il Verona, che è impegnato nella volata salvezza proprio contro lo Spezia, la Roma ha un interesse diretto a concludere almeno al sesto posto.
Subire il sorpasso dalla Juventus e ripartire dalla Conference, al netto di eventuali squalifiche Uefa per i rivali, sarebbe un declassamento insopportabile dopo i sogni di grandezza prolungati fino a Budapest. La speranza piuttosto è poterci riprovare fino alla finale di Dublino 2024. Con Mourinho, of course.
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