AS ROMA NEWS DYBALA – A sgombrare il campo da qualsiasi equivoco ci pensa direttamente lui, da Miami, dove è in ritiro con l’Argentina per preparare le due amichevoli in vista del Mondiale di novembre. Già, perché qualcuno a Roma ha storto la bocca proprio su questo: perché con l’Atalanta no e con Honduras e Giamaica sì? Al di là del fatto che bisognerà poi vedere se e come Paulo Dybala giocherà quelle due partite, la risposta la dà direttamente la Joya, scrive La Gazzetta dello Sport.
“Domenica scorsa avevo un affaticamento, sentivo che non ero al 100% e i medici lo sapevano — dice dal ritiro dell’Albiceleste – È stato necessario saltare una partita per non rischiare di saltare un mese. E per fortuna gli esami che abbiamo fatto successivamente sono andati tutti bene”. Già, e quel fastidio al flessore della coscia sinistra non si è rivelato nulla di più grave. Per fortuna della Roma, che quasi sicuramente potrà averlo a disposizione già al ritorno, contro l’Inter, il primo ottobre. Ma anche dell’Argentina, che su di lui punta da qui fino al Qatar.
E allora adesso penserà proprio all’Argentina, per poi tornare a focalizzarsi sui giallorossi. “Quando si avvicina un Mondiale si vuole sempre andare in nazionale e io non volevo mancare – continua Paulo – Abbiamo un gruppo incredibile, che viene da un trionfo come quello della Coppa America. Io come tutti gli altri do il massimo per esserci, poi la lista dei convocati la deciderà il c.t.. E farò di tutto per far sì che Scaloni mi veda e possa contare su di me”.
Come successo anche nella Finalissima di Londra, quando l’Argentina ha liquidato l’Italia con un rotondo 3-0 e Paulo ha segnato l’ultimo gol. “Un momento meraviglioso, avevo pochi minuti a disposizione e ho segnato. È stata una grande partita da parte nostra, potevamo vincere anche con più gol di scarto”. Davanti, però, c’è il Mondiale. Appunto. “Un sogno, chiaro che l’ansia cresca pian piano che si avvicina. Del resto, è la miglior competizione del mondo del calcio. C’è un clima bello intorno a noi, la gente sogna e noi anche viviamo così, cercando di essere il più professionali possibile, ma con grande fiducia in noi stessi”.
E quando gli chiedono se ha una dedica già pronta, Paulo ammette: “Certo, ma è una cosa personale, non si dice. Se le cose andranno bene lo saprà tutto il mondo…”. Ad iniziare da Oriana, che non è ancora riuscito a farlo cantare: “No, no, non mi viene bene, meglio che lo faccia la gente che lo sa fare…”.
Poi Paulo torna sulla Roma, sugli ultimi anni con la Juventus e sull’accoglienza che gli ha tributato la gente giallorossa. “A Roma sono tornato a sentirmi importante, gli ultimi anni alla Juventus non sono stati facili, cambiare aria mi ha fatto bene. Mourinho e Tiago Pinto mi hanno parlato del progetto e della voglia di continuare a vincere, dopo la Conference League dello scorso anno. Ed essere protagonista in una squadra così mi aiuta tanto”.
E l’inizio di stagione è lì a dimostrarlo, con Dybala capace in otto partite di mettere a segno 4 gol e piazzare due assist. Da quando è in Italia sola una volta era partito meglio, nel 2017/18. E non è certo un caso che sia diventato presto l’idolo assoluto della gente. Che, in verità, lo aveva già accolto come si fa con un piccolo grande re, con una presentazione esclusiva, solo per lui, e dieci mila persone all’Eur. “Quel giorno è stato speciale: allo stadio sei con i compagni, lì ero da solo e non mi era mai capitato prima. Per passione il tifoso romanista è simile a quello argentino e diverso da quello juventino. Hanno una pazzia bella, per loro viene prima la squadra della famiglia. Vivono il calcio come noi, sento questo affetto, mi piace stare a Roma”.
Anche perché nel frattempo Dybala ha instaurato subito un rapporto speciale con Mourinho, l’uomo che lo ha cercato e convinto ad accettare l’offerta giallorossa. “Lo scorso anno durante Roma-Juventus 3-4 si è avvicinato alla panchina per salutarmi, dicendomi che ero un fenomeno. Un episodio che mi è rimasto in testa, anche se non potevo sapere cosa sarebbe successo dopo. Quando poi mi ha chiamato mi ha chiesto se mi ricordavo, gli ho risposto che era impossibile dimenticare e lui mi ha detto: “ora quel fenomeno lo voglio con me”. È stato facile decidere di lavorare con lui, lui mi è sembrato subito un fenomeno. Conosce tutti i giocatori, dai top a quelli di terza categoria. Ma quello che mi ha sorpreso è l’umiltà con cui tratta chiunque: dai giocatori agli addetti alla sicurezza, a prescindere dall’importanza di chi ha davanti. Si pensa sempre al Mourinho che si vede in campo, ma la verità è diversa”.
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