Sergi Busquets

(Gazzetta dello Sport) Sergio Busquets non ha profili social. Non gli interessa farsi sbirciare, attrarre milioni di follower, alimentare gossip. Ha una donna, che tiene per sé. Come le emozioni. Parla poco, quasi sempre a proposito. E la cosa gli garantisce grande rispetto. Ma non grande popolarità. Sabato il Barcellona ha preso due gol per la terza volta in questa stagione (era successo in una sconfitta col Madrid in agosto, in un pareggio col Celta in dicembre e in una vittoria con la Real Sociedad in gennaio) nella quale ha giocato 48 partite senza incassare reti in 30. Valverderispetto a Luis Enrique ha rigirato il dramma della perdita di Neymar disegnando un Barça più coperto, con due centri nevralgici: Messi, ovviamente, e Busquets. Il fatto che sabato con l’ingresso di Messi il Barça abbia mantenuto l’imbattibilità in Ligapareggiando in extremis ha attirato, al solito, tutte le attenzioni sul reuccio argentino.

SENZA RICAMBIO – Però se i catalani si erano ritrovati sotto 2-0 (e poteva andar loro molto peggio, come ha sottolineato Montella) più che per l’assenza di Messi era stato per quella di Busquets. Che non ha un sostituto naturale: fino a gennaio c’era Mascherano, che comunque è un giocatore diverso, a Siviglia ha giocato Rakitic, che conosce la posizione è ha le qualità per fare un po’ ciò che vuole, ma «Busi» è un’altra storia. E il fatto che Busquets potesse essere assente domani sera costituiva una falla che la Roma avrebbe potuto sfruttare. Stiamo usando il passato perché ieri il «pivote» del Barça, fermo dal 14 marzo quando contro il Chelsea si è fratturato una falange del mignolo del piede destro in uno scontro con Giroud, si è allenato coi compagni e, salvo ricadute, sarà in campo. Magari infiltrato, ma ci sarà. Perché condiziona in maniera l’equilibrio del Barça.

IL SALTO TRIPLO – Pep Guardiola l’aveva capito oltre 10 anni fa quando lo usò per una stagione in Tercera, la quarta serie spagnola, col Barça B e se lo portò dritto con lui in prima squadra l’anno dopo, che si chiuse col primo «triplete» del calcio spagnolo e «Busi» titolare all’Olimpico di Roma nella finale di Champions che il Barça vinse con lo United di Ronaldo. E appena un anno dopo Busquets giocò (e vinse) da titolare anche la finale del Mondiale. Un’ascesa inarrestabile, tanto nel Barça come con la Spagna. Insostituibile per quella capacità di combinare tocco, tranquillità, sangue freddo, visione di gioco orizzontale e verticale a senso della posizione, ruvidità, corsa e tackle. Busquets ha retto difensivamente il centrocampo dei miracoli con Xavi e Iniesta, che è ancora lì e preferisce associarsi con Messi piuttosto che correre a ritroso, soprattutto ora che gli anni passano ancora più rapidi. È Busquets che si abbassa tra i centrali per farsi dare la palla in costruzione ed è sempre lui che aziona la leva del pressing alto per recuperare la palla. Copre l’immensa zona che sta tra le due aree con naturalezza e compostezza. Senza apparire, come sui social network.



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