Home Rassegna stampa Il basket di Sarri, i divani di Spalletti: anime a confronto

Il basket di Sarri, i divani di Spalletti: anime a confronto

Un’ora di macchina, chissà quanto di più con il trattore o magari con la bici. Certaldo e Figline Valdarno, Boccaccio e Sting, Luciano e Maurizio, i divani letto e lo sportello di banca, la mamma Ilva e il papà che all’Ilva-Italsider di Bagnoli muoveva le gru. Millenovecentocinquantanove, gennaio uno e marzo l’altro: viene messa in vendita la prima Barbie, Aldo Moro diventa segretario della Dc, il Milan vince il campionato, a New York inaugurano il Guggenheim e a Napoli invece lo stadio del Sole, che oggi è il San Paolo e sabato sarà l’incrocio di Maurizio Sarri e Luciano Spalletti. Millenovecentocinquantanove, l’anno del calcio secondo questi due qui: ora si vede la punta dell’albero, tutti applaudono, tutti criticano, tutti i bambini fanno oh. Passi indietro e testa avanti, lì dietro c’è una vita che oggi passa per Pallotta e De Laurentiis. Ieri la finanza era il «campino» di Sovigliana Vinci, che papà Carlo e mamma Ilva facevano fatica a digerire, perché Luciano con i libri poco familiarizzava e col pallone invece molto di più. Ieri il cinema era programmare una preparazione atletica all’ombra del Palagio, che oggi è la casa di Sting, presente il cantante?

LE ORIGINI – Spalletti e Sarri è il calcio contro. È un punto di partenza simile, ma uno sviluppo molto differente della stessa passione. Spalletti figlio di un guardacaccia («Mi portava con lui, ma non ho seguito la sua strada») e di una mamma che «sento tutte le sere», Sarri di un papà, Amerigo, che con la bici ci sapeva fare, tanto che un giorno — racconta la leggenda — fece disperare persino Fausto Coppi. Sarri che ti ripete «sono uno fortunato, perché mi pagano per un lavoro che farei gratis», Spalletti che ricorda quando papà Carlo «diceva che mi sarei dovuto accontentare e io ho sempre pensato che tanto più di una bistecca al giorno non avrei mangiato, chissenefrega della mucca intera». Spalletti Luciano è Certaldo prima, cioè Boccaccio. È Sovigliana, frazione del Vinci di Leonardo. Spalletti è Montespertoli, è Montaione e l’agriturismo «La rimessa» dove oggi guida il trattore, accoglie ospiti e raccoglie olive. Luciano è quello che masticava calcio dalla mattina fino a che poteva. E quando non poteva, insieme al fratello Marcello assemblava divani letto invece che schemi per l’azienda di famiglia, la Trio. Luciano è quello che dipingeva le sue auto di un colore diverso ogni volta che l’umore lo accompagnava in qualche strano percorso, quello che sgobbando a centrocampo arrivò fino alla C1. E però guai a negarsi qualche serata di quelle buone al Pg93, il locale giusto di Sovigliana. Sarri Maurizio è nato a Napoli ma dall’età di 3 anni solo Toscana e la «Fegghine» citata da Dante nel XVI canto del Paradiso. Maurizio è quello che si offende quando gli ricordano che lui non ha avuto una carriera da calciatore: «Non è vero, da ragazzo feci un provino con la Fiorentina e uno con il Torino». Poi il posto fisso in banca, vuoi mettere? No, non metto. Figline Valdarno è posto da 17mila anime e un Napoli club: serve altro? È il punto di partenza, per un viaggio tra le colline toscane che vale una guida di successo. La prima squadra lo Stia, che non è il congiuntivo del verbo stare ma il paese di 3mila abitanti che ha visto le riprese del Ciclone di Pieraccioni e le prime mosse del Sarri allenatore, anno 1990, Seconda Categoria. Lo raccontano come un studioso della vita: «In casa mia si passava da Cassius Clay a Merckx, mio padre mi ha sempre abituato a seguire tutti gli sport». Un giorno sulla sua strada Maurizio incrociò un allenatore di basket: ore e ore di chiacchierate, da quella volta Sarri modificò gli schemi su calcio d’angolo, prese spunto dal parquet, i blocchi che oggi sfruttano Albiol e Koulibaly nascono sotto canestro.

LA TATTICA – Spalletti e Sarri è il bianco e il nero, a dispetto di quell’ora scarsa di macchina che sta lì a separarli. Andate a chiederlo a chi li conosce come fossero fratelli di latte. Vi racconterà che Luciano è allenatore che spende la sua settimana in funzione dell’avversario che va ad affrontare, che certo non stravolge ma modella le idee a seconda dell’impegno. Maurizio è schematico, sempre uguale a se stesso: non cambia mai, la sua forza e la sua convinzione è la meccanizzazione dell’allenamento, è la ripetitività del concetto, fino a convincere il calciatore. E come lo convinci? Spalletti è vincente perché lavora sull’empatia, perché riesce a portare dalla sua un ragazzo semplicemente con il linguaggio del corpo, ancor prima che con le parole. Maurizio usa il dialogo: «Io studio anche 13 ore al giorno. I calciatori li conquisti con la personalità e la facilità di parola: ma senza la conoscenza di base, le prime due non verrebbero evidenziate». Sarri è scaramantico, Spalletti no o almeno non lo dà a vedere. Luciano ha in testa soluzioni offensive che basterebbero per tre campionati di fila, Maurizio raccontano che sia incredibile nelle riunioni tecniche prepartita: in soli 15’ minuti riesce a elencare la caratteristiche degli avversari, panchina compresa, anche se la squadra che si va ad affrontare magari è sconosciuta al mondo intero. Non lo prendi mai in castagna, lui. E per l’altro ti butteresti dal quinto piano. Al San Paolo sabato vedrai che duello.

(Gazzetta dello Sport – D. Stoppini)



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