Stadio della Roma

L’inno alla trasparenza tanto osannato dai Cinque Stelle è stato sconsacrato e i muri del Campidoglio hanno fatto presto a tornare di pietra. Anzi, di cemento, quello armato dello stadio della Roma. Che Raggi ha detto «si farà» solo dopo aver consultato l’Avvocatura sul rischio di un maxi risarcimento da parte dei proponenti dell’opera di Tor di Valle, la Roma e Luca Parnasi. Un parere che a metà febbraio cambiò la rotta politica del Campidoglio su uno dei temi centrali nei primi mesi di governo. Un parere diventato poi inaccessibile. Scrive l’Avvocatura in risposta all’accesso agli atti chiesto dal vice presidente dell’Assemblea capitolina, il consigliere FdI Andrea De Priamo: «Non è possibile darvi seguito in quanto si tratta di un parere reso in merito ad una questione di natura estremamente riservata». Già questo, il divieto d’accesso in quanto documento top secret, dà un tono surreale a tutta la faccenda.

«È stato redatto in un unico originale, protocollato ma non scansionato e non inserito nel “protocollo web”— scrive il capo dell’Avvocatura Carlo Sportelli con controfirma del responsabile legale del settore Urbanistica — e consegnato a mani in busta chiusa direttamente alla sindaca e del quale, perciò, la scrivente Avvocatura non è più in possesso». Cordiali saluti e addio alla tanto sponsorizzata trasparenza. Le opposizioni protestano: «La surreale risposta dell’Avvocatura, secondo la quale non dispongono più del parere in quanto consegnato al sindaco in unica copia in busta chiusa, conferma le denunce sul deficit di trasparenza dell’amministrazione grillina. La vicenda stadio deve essere portata fuori dalle riunioni segrete», commenta Andrea De Priamo. Ma a prescindere dal fatto che ciò accada, un verdetto politico sembra esserci già: le opposizioni hanno preso possesso della parola cara ai grillini, trasparenza.

(Corriere della Sera)



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