Rassegna stampa
Il calcio in crisi taglia gli stipendi
Il sistema calcio e più nello specifico la serie A rischiano il collasso economico schiacciati dai costi dei giocatori (la prima spesa del bilancio) e appesi all’ancora di salvezza dei diritti tv. Già, ma anche quelli rischiano di saltare.
I broadcaster potrebbero decurtare l’ultima rata pari a 340 milioni. Un buco troppo grande da colmare. Soprattutto perché la gran parte dei club anticipa gli incassi sui diritti tv per pagare le spese correnti. Inoltre vanno aggiunti i mancati introiti da diritti internazionali (100 milioni), da sponsorship (30 milioni) e infine dal botteghino (70 milioni).
Tra l’altro se si riprenderà a giocare è possibile che lo si farà a porte chiuse. Insomma secondo le stime fatte si va da una perdita minima di 200 milioni per arrivare, con il blocco dei tornei, a 600 milioni di danno effettivo. Ecco perché da giorni le parti stanno studiano un sistema per stoppare una emorragia che potrebbe rivelarsi letale per qualche club. Il rischio fallimento è altissimo.
Da giorni se ne parla: una delle soluzione prevede il taglio degli stipendi. E’ già stato istituito un tavolo con l’Assocalciatori e se n’è cominciato a parlare. Ieri lo stesso presidente Gravina lo ha ribadito: «Il taglio ingaggi non deve essere un tabù in un momento di emergenza. Siamo chiamati a un gesto di grande responsabilità, dobbiamo dare contenuto a quel contenitore chiamato solidarietà». Anche Ulivieri, presidente degli allenatori è disposto a parlarne così come Tommasi rappresentate dei calciatori: «Vedremo cosa fare». Chiaro che un secco no, in un momento di profonda emergenza e crisi, sarebbe un autogol spaventoso agli occhi dell’opinione pubblica. Anche in Germania se ne sta parlando.
Ecco perché si sta discutendo su come mettere in pratica questa misura. La parola d’ordine è rinegoziare con fornitori e dipendenti i contratti inerenti alla gestione societaria; entro specifiche condizioni. Di sicuro sarà riservata a giocatori e allenatori e non a tutti gli impiegati di secondo e terzo livello come ad esempio massaggiatori, fisioterapisti e magazzinieri.
Normale poi che si voglia anche tutelare tutti quei calciatori che non hanno stipendi milionari e militano nelle serie minori (la media stipendi in Lega Pro è di 2500 euro). Ecco perché l’idea che si sta studiando è quella di usare delle aliquote. Un po’ come funziona per la normale tassazione. Ecco allora che sotto i 100 mila euro lordi non ci sarebbe riduzione, tra i 100 mila e i 500 mila taglio del 15%, tra i 500 mila e il milione riduzione del 20%, tra il milione e il milione e mezzo decurtazione del 25% per arrivare a un -30% per gli stipendi sopra il milione e mezzo. Basti pensare che con un taglio medio del 15% si risparmierebbero circa 230 milioni. Un progetto che dovrà passare al vaglio di tutti. E soprattutto che dovrà essere coordinato e allineato con le altre principali Leghe europee per evitare concorrenza sleale.
Ma non c’è solo il taglio degli stipendi come idea per arginare la crisi. Sta maturando l’idea di un fondo rotativo per salvare il sistema che come indotto diretto e indiretto muove circa 6 miliardi di euro, un industria che con il suo gettito fiscale fa ritornare al sistema sport introiti importanti. Motivo per cui il presidente della Figc, Gabriele Gravina, è in costante contatto con ministero dell’economia per mettere a punto un paracadute.
Si pensa anche che una quota percentuale dei proventi da scommesse calcistiche possa essere destinata alle società di A, B e Lega Pro e ad un intervento per supportare l’indebolito mercato pay tv (principale fonte di ricavi per il calcio). Ma in ballo c’è anche un salva calcio. Ma quello che è emerso nei vari tavoli aperti dalla serie A è che non si vuole chiedere un aiuto diretto al governo ma un intervento per modificare leggi quali la Melandri, quella sul professionismo e quella sugli stadi.
(Il Messaggero)
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