(La Stampa – A. De Santis) Accomunate dai -9 punti dalle vette delle classifiche interne,dalle infermerie affollate e dalla strana sensazione di sentirsi già imputate di processi (per ora) solo immaginari, Chelsea e Roma chiedono alla Champions di scoprire chi sono e dove possono andare. A Stamford Bridge, Conte e Di Francesco, dopo quattro incroci nei condomini italiani di B e A, consumeranno il loro primo appuntamento internazionale. Sul piatto, non solo le speranze reciproche di scavallare agli ottavi, ma anche tante domande ontologiche in attesa di risposte. «Voglio un approccio feroce, totalmente diverso da quello col Napoli», la richiesta di Di Francesco. A Londra, viaggio utile per riunire anche gli Stati Generali giallorossi di dirigenti (con Pallotta presente) e consulenti, la Roma promette di non fare calcoli di classifica e di non pensare ad altro al di fuori del Chelsea: «Sento parlare di allenatori, preparatori e di tutto il resto. A Roma è così. Accontentarsi o pensare all’Atletico sarebbe un messaggio sbagliato. Mi prendo le mie responsabilità, ma gli infortuni capitano e si verificano ovunque. Anche al Chelsea». Verità incontrovertibile, anche con i recuperi di Strootman, El Shaarawy e Morata, certificata dalle assenze di Manolas, Emerson, Schick, Defrel, Kantè, Drinkwater e Moses.
LA NOSTALGIA DELL’EX CT – «Temo molto il collettivo giallorosso. Conosco bene il cuore di De Rossi, Florenzi ed El Shaarawy, gliene toglierei una parte», l’attestato del nemicoamico Conte («Orgoglioso di essere stato accostato a un grande club come la Roma»), alla ricerca di segnali di risveglio dei Blues ma con tanta nostalgia dell’Italia. «Mi vengono ancora i brividi quando parlo della Nazionale», l’ammissione.
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