(Corriere della Sera – L. Valdiserri) Dzeko è rimasto e ora anche chi lo aveva messo in vendita dice che è contento che sia finita così. Emerson è andato al Chelsea per una plusvalenza da oltre 18 milioni. Jonathan Silva è arrivato dallo Sporting Lisbona, reduce da un’operazione al ginocchio, con ancora un mese di recupero, alla cifra di un milione per il prestito più 5 di riscatto obbligatorio alla decima presenza in giallorosso. E in maniera molto simbolica, visto che era stato il primo acquisto di Monchi, Moreno ha chiesto il trasferimento alla Real Sociedad per giocare in vista del Mondiale. Il mercato di gennaio è finito, per la felicità di Di Francesco, stremato dalle voci di partenze, ma non per quella dei tifosi romanisti.

Il d.g. Mauro Baldissoni, ai microfoni di «Tutti Convocati», su Radio 24, ha fatto il punto: «Le squadre devono fare i conti con il Fair Play Finanziario: bisogna raggiungere il pareggio di bilancio. La Roma non ha bisogno di soldi, abbiamo una proprietà solida che li mette quando servono. Negli ultimi 15 mesi la società ci ha inviato 98 milioni, senza contare l’aumento di capitale del 2014, altri 100 milioni. Ma non possono entrare nel FFP e così ci restano due strade. La prima: si abbattono i costi di gestione e si ricomincia da zero, ma questo significa raggiungere la competitività sportiva tra 10 anni. La seconda: si fa quello che abbiamo fatto noi, tenendo alti livelli di costi gestionali, l’80% finisce nei salari dei giocatori. Si mantiene la competitività sportiva e si recupera il differenziale tra costi e ricavi con le plusvalenze». Tutto vero, compresi i «rilanci» di Pallotta. Però è evidente che, così, il futuro della Roma è la roulette russa della qualificazione, o meno, alla Champions.

C’è stato spazio anche per l’autocritica, esercizio non sempre facile a Trigoria: «Se i risultati non arrivano è evidente che qualcosa non funziona. Quindi bisogna fare meglio. Da metà dicembre in poi prestazioni e risultati non sono all’altezza delle aspettative. La frustrazione dei tifosi è giustificata, il loro sentimento è anche il nostro». A migliorare la situazione dovrebbero arrivare lo stadio («Rido quando in questa città sento che il presidente Pallotta vuole fare lo stadio per guadagnarci») e lo sponsor atteso da cinque anni: il nome forte è sempre quello della Turkish Airlines. Curioso che ieri, a margine di un convegno sulle banche, abbia parlato Paolo Fiorentino, amministratore delegato di Carige, che nei suoi anni in UniCredit fu il regista della vendita, nel 2011, della Roma a James Pallotta e ai suoi soci statunitensi: «È evidente che in determinati casi puoi vendere i gioielli di famiglia». Un percorso che non va nella direzione di chi si immaginava «la costruzione di una grande Roma». Cioè i tifosi.



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