Vince la Roma che risponde a Juve e Milan, mantiene il secondo posto in condominio proprio con i rossoneri a quattro punti dalla capolista e porta via il derby numero 5 dell’ era Spalletti: quarto consecutivo. Ma la stracittadina della Capitale come sempre, se da una parte infiamma una tifoseria (quella giallorossa), dall’altra lascia sul campo polemiche e rammarico per l’ennesimo ko biancoceleste (la Lazio non vince questa partita dal 2013). Eppure la giovane squadra di Inzaghi si era presentata ai nastri di partenza della partita phi importante dell’anno se non proprio con i favori del pronostico con un bel vento in poppa: non fosse altro per la striscia di nove risultati utili positivi. Dall’altra parte invece una Roma che, proprio di recente, era tornata a mostrare tutti quei limiti caratteriali che le avevano tarpato le ali nelle stagioni passate e destavano più di una preoccupazione, culminata poi con l’infortunio di Salah. E questo spiega probabilmente l’ avvio in sordina dei giallorossi, che nel primi venticinque minuti non hanno praticamente giocato a calcio.
Ma il derby è una partita a se e non conta giocarla bene, conta solo vincerla. Ed è quello che Spalletti e riuscito a fare ancora una volta, soffrendo non poco la partenza forte dei biancocelesti, ma restando in partita, sfruttando poi gli errori avversari prima di imbrigliare la gara fino ai tre fischi del solito Banti: uno al quale il derby non andrebbe mai affidato. Con il senno del poi, forse Inzaghi ha peccato un po’ di presunzione, rinunciando al rientrante De Vrij per una formazione più «prudente», presentandosi invece all’Olimpico (privo di buona parte della tifoseria giallorossa ma comunque con quasi quarantamila spettatori) con una Lazio molto offensiva, puntando sul 4-3-3 che cosi bene aveva fatto nella prima parte di stagione. Ma in questa gara, che non una partita come tutte le altre nonostante le teorie zemaniane, il modulo offensivo non ha pagato: una partita dove tengono banco tensione e paura di sbagliare. E non è un caso infatti se la differenza (almeno per sbloccarla) l’hanno fatta proprio errori individuali: dovuti entrambi a eccessiva confidenza. Clamoroso quello di Wallace, che spalanca la strada alla prima rete romanista firmata da uno strepitoso Strootman, meno visibile ma altrettanto compromettente quello di Marchetti che non si allunga sulla botta da fuori abbastanza «telefonata» di Nainggolan che di fatto chiude la partita sul 2-0.
Nel mezzo di tutto e di più: un rigore dubbio non concesso ai giallorossi da Banti (o meglio prima non concesso, poi dato su suggerimento dell’arbitro di porta e quindi trasformato in punizione dal limite), il parapiglia dopo il gol di Strootman (graziato da Banti) dove volano parole, partono schizzi d’acqua da bottigliette e cartellini: insomma una clima da derby della Capitale a tutti gli effetti, nel quale chi vince ride (e non importa nulla come lo abbia fatto: vale tutto) e chi perde piange e, inevitabilmente, recrimina: soprattutto se ad arbitrare c’e un signore che si chiama Banti che mai ha dato la sensazione di avere la partita in mano. II resto sono chiacchiere da bar, quelle che alimenteranno le polemiche romane dei prossimi giorni con i tifosi protagonisti assoluti sul web, sull’etere o davanti a cappuccino e cornetto. Le due squadre invece, cosi come i due tecnici, devono pensare ad altro e fare di necessità virtù. La Roma con questi tre punti si prepara allo scontro diretto col Milan in programma lunedì prossimo con il migliore attacco del campionato a quota 35 reti realizzate e la consapevolezza di numeri «pesanti» soprattutto per quanto riguarda le partite all’Olimpico: otto vittorie su otto (derby compreso anche se era in casa dei cugini).
Anche la Lazio non deve buttare tutto quello di buono fatto fin qui dal suo giovane allenatore: la squadra c’e, il gioco pure e gli errori «giovanili» ci stanno tutti in un normale percorso di crescita di un gruppo che fin qui ha sorpreso e lo ha fatto in positivo. Certo, quando poi sei costretto a fare dei cambi la panchina fa tutta la differenza del mondo: le sostituzioni di Inzaghi sono state Patric, Kishna e Lombardi, qualcosa vorrà pur dire. Al giovane allenatore biancoceleste non è servito nemmeno il volo benaugurante dell’aquila Olympia che per la prima volta si è librata in aria durante un derby. Il suo giro spettacolare sul cielo dell’Olimpico e l’atterraggio in perfetto stile sul trespolo biancoceleste restano pero le uniche gioie del pomeriggio laziale: un po’ poco per tornare a casa contenti. Ora la Sampdoria per riprendere a giocare da Lazio e tornare a sorridere.
(Il Tempo – T. Carmellini)
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