Nicolò Zaniolo

AS ROMA NEWS ZANIOLO – Chi ha paura di Zaniolo Woolf? Perché trasformarlo nel bersaglio di una civiltà imbarbarita – scrive La Repubblica – che alla prima occasione buona trasforma la delusione sportiva in ritorsione personale, in vendetta privata? Perché questo disastro generale, in cui dobbiamo sentirci tutti coinvolti e forse colpevoli? Perché, come due notti fa, aspettare il ragazzo sotto casa, a Casal Palocco, minacciarlo (e generalmente accade sempre che si minacci nel modo peggiore), da vigliacchi, quali sono tutti coloro che in branco, nella realtà o nel virtuale, nascondono la loro miserabile condizione umana con un’impresa da romanzaccio criminale?

Di cosa possiamo accusare Zaniolo, ragazzo dall’aria sempre un po’ imbambolata, sempre in cerca d’aria e di redenzione? Domande, domande, domande. Risposte? Qualcuna forse. Zaniolo ha un solo torto: essere stato vittima (e magari per qualche secondo artefice) di una colossale sopravalutazione. Non ha nemmeno avuto fortuna, per la verità. Quando avrebbe potuto evolveresi è fatto male. Quando ci stava riprovando si è fatto male un’altra volta.

E così, mentre decollava il personaggio, mentre la sua mediaticità aumentava di spessore, con progressioni esponenziali, sino a travolgere l’intera famiglia ( tanto che ad un certo punto si stentava a capire se fosse più importante lui, in termini di rendimento in campo, o sua madre), il calciatore restava al palo. Alla celebrità vischiosa e sterile del gossip non ha fatto seguito una crescita della consapevolezza tecnica, rimasta stabilmente a livelli troppo bassi per un esterno destinato a fare chissà cosa.

Da poche ore Zaniolo ha tolto, dall’intestazione di Instagram, la coda “…calciatore della As Roma”. Forse era tempo di farlo. Zaniolo è l’esempio conclamato di una mutazione non avvenuta: da promessa a certezza. Quando prende il pallone, con l’avversario che gli morde i polpacci, spalle alla porta, è l’unico al mondo che tenta di girarsi per proseguire da solo, anziché controllare il pallone, che già è complicato, far salire la squadra e smistare.

No: lui va in cerca dell’assoluto, che nel calcio, soprattutto nel calcio moderno, non esiste, specie se interpretato come virtù individuale. Presunzione o ingenuità? Una via di mezzo. Dicevamo che Zaniolo non è stato fortunato. Vero tre volte, perché non ha neppure incontrato un allenatore capace di renderlo migliore, uno capace di sfoltirne i difetti senza toccarne le doti. Ancora oggi non sa cosa fare in campo, se non cercare il contatto con gli avversari. Gli si butta addosso invocando falli che nessun arbitro fischia: perché non ci sono. Quello che fa oggi, Zaniolo lo faceva anche all’esordio (ricordate quella serata al Bernabeu?).

Prima se non altro lo faceva con qualche esitazione, adesso più sfacciatamente. Tanti pregi svaniti nel nulla o, nella migliore delle ipotesi, bloccati sul nascere. E’ sul mercato (forse) da quando Mourinho, per difenderlo, gli disse: «Scappa dalla serie A, ormai ti fischiano tutto contro!». Forse Mou era sincero. Ma forse, in quelle poche parole, si poteva leggere: «Non so più che fare con te». Perché qualcosa si poteva ancora fare, quando il cortocircuito fra eccesso di autostima e mania di persecuzione non aveva raggiunto il limite di guardia.

Nel dilagare dei commenti positivi, di ammirazione per la promessa che indubbiamente era, Zaniolo si è perso, sotto forma di certezza mai maturata. E alla fine ha restituito al destino anche quel po’ che è stato in grado di offrire alla Roma (la rete in finale di Conference), al netto delle valutazioni di parte. Zaniolo non ha colpe, se non quella di non aver ascoltato se stesso, perché nessuno glielo ha mai insegnato. E questo purtroppo lo hanno capito tutti. Tanto che non esiste una “corsa a Zaniolo”, tanto non ci sono club che si tirano per i capelli, pur di aggiudicarselo. Ormai Zaniolo è troppo senza essere mai stato abbastanza. Però lasciatelo in pace.



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