Luciano Spalletti, allenatore della Roma

È lo specchio, questo derby in cui Inzaghi non sbaglia una mossa e Spalletti non ne indovina una, della stagione giallorossa. Anche se il secondo posto potrebbe costituire un traguardo esauriente, non va dimenticato che il duello con la Juve in realtà non è mai neanche cominciato. Restano, come spesso accade in casa giallorossa, i rimpianti e l’esame degli errori commessi. Quelli del tecnico, soprattutto, che hanno configurato una sorta di fallimento sotto il profilo psicologico. Se agiti continuamente lo spettro di un probabile addio a fine stagione, non trasmetti un messaggio positivo né alla squadra, né alla società. E dunque, è soprattutto sul piano umano che Spalletti ha tradito le attese e, in questo senso, quel posto d’onore ancora difeso in qualche modo, non può rappresentare risolutivo di tutti i mali, perché in realtà le ambizioni di primato sono rimaste ferme alla chiacchiere: troppe, ancora una volta.

Anche i continui giudizi negativi su Dzeko hanno tolto al bomber giallorosso la voglia di riscatto e questa posizione di sconforto è uno dei tanti aspetti di una resa che nessuno si aspettava così improvvisa e così ingiustificata. Anche perché la Roma non può neanche aggrapparsi agli alibi degli episodi, che anzi in più di un’occasione l’hanno agevolata. Del resto, gli stessi fattori psicologici negativi non hanno registrato segnali di ravvedimento da parte di un tecnico che è mancato soprattutto nelle situazioni più delicate. In questo senso, i derby stagionali hanno testimoniato una scarsa propensione a prendere atto dei momenti che avrebbero potuto rappresentare una svolta. A conti fatti, nonostante la posizione di classifica tuttora privilegiata, si riparte ancora una volta da zero: un destino al quale troppe volte la squadra giallorossa sembra doversi rassegnare.

(Il Tempo – G. Giubilo)



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