Patrik Schick

(Leggo – F. Balzani) Non è bastata un’altra rimonta, non è bastato rifilare 4 gol al Liverpool dopo averne fatti 3 al Chelsea e al Barcellona in una Champions che resterà comunque nella storia della Roma. In finale vanno i Reds di Salah, va la squadra che rappresenta una vera e propria maledizione per la squadra giallorossa. Trentaquattro anni dopo la sconfitta ai rigori, sempre all’Olimpico è il Liverpool ad esultare sfruttando il 5-2 dell’andata. La squadra di Klopp è stata brava però pure a sfruttare gli errori individuali nel primo tempo e fortunata nel trovare un arbitro (lo sloveno Skomina) che aggiunge una pagina di sbagli colossali nella competizione più prestigiosa che Collina non potrà trascurare. Mancano due rigori alla Roma: uno su Dzeko (segnalato in fuorigioco prima dell’impatto con Karius) e uno colossale per fallo di mani di Arnold. Monchi a fine gara non le ha mandate a dire: «Errori arbitrali clamorosi. C’erano due rigori e un’espulsione. Il calcio italiano deve alzare la voce. Perché non c’è il VAR in Champions?». Se lo chiede anche Pallotta: «Necessario il suo utilizzo o si rischiano figuracce come questa, o addirittura di cadere nel ridicolo. Arbitraggio inaccettabile». Forse sarebbero cambiate le cose, forse. La Roma non ha mollato e nel finale ha trovato due reti piene zuppe di rimpianti. Le ha segnate Nainggolan che dopo 9 minuti ha messo il Liverpool sulla strada di Kiev con un grave errore a centrocampo che ha permesso a Mané di gelare l’Olimpico. I giallorossi hanno reagito trovando l’autogol di Milner, prima di un altro errore (di Dzeko) che ha servito il pallone dell’1-2 sui piedi di Wijnaldum. Neanche in quel momento l’Olimpico si è arreso. I 62 mila (5,5 milioni di incasso, un record per i club italiani in Europa) hanno spinto la squadra, e Di Francesco le ha provate tutte per trovare la seconda impresa in un mese. Il rigore, stavolta visto da Skomina, del 4-2 però è arrivato proprio all’ultimo secondo. Quando nemmeno un miracolo poteva rimettere la Roma sul percorso che porta alla finale del 26 maggio contro il Real Madrid. «Abbiamo fatto qualcosa di straordinario. Sono arrabbiato però. E rammaricato, la squadra doveva crederci di più. Non è stato facile. E’ stata quasi la partita perfetta, che non è stata fatta a Liverpool. Ci credevo», l’amarezza di Di Francesco. È finito con l’applauso spontaneo, fortissimo della gente di Roma ad una squadra che può e deve essere migliorata. Ma che ha tante basi importanti dalle quali ripartire. “Questo non è un punto d’arrivo per noi – dice Fazio – deve essere la continuità di un percorso. I rigori? Ce ne erano due clamorosi per noi”. La pensa così anche Totti: «Abbiamo raggiunto questa semifinale con impegno e con merito. Un risultato da cui ripartire».



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