Beppe Grillo e Davide Casaleggio

«Nessuno dice di no allo stadio della Roma. Diciamo di sì, ma in un’altra parte». Perché per Beppe Grillo, il garante del M5S, quella di Tor di Valle non è l’area adatta per ospitare l’arena, le tre torri e il business park nei sogni del presidente giallorosso James Pallotta e del costruttore Luca Parnasi. Sparate ieri sera davanti all’hotel Forum, quartier generale pentastellato a due passi dal Campidoglio, le parole del garante del M5S suonano come la bocciatura che i consiglieri, da giorni in subbuglio su un dossier da un milione di metri cubi, non hanno ancora avuto il coraggio di pronunciare. Perché, fino a questo momento, i 29 eletti grillini hanno lasciato parlare solo il capo. Il comico che fino a due giorni fa apriva a una trattativa con il club di capitan Totti («Se faremo lo stadio, sarà fatto con criteri innovativi e in modo condiviso per costruire una cosa straordinaria») ieri sera sembra aver chiuso la porta a qualsiasi compromesso. A quel piano B su cui, invece, il Campidoglio ha lavorato per settimane. La conferenza dei servizi sullo stadio chiuderà tra otto giorni, il 3 marzo. E, al netto dell’uscita di Grillo, il Campidoglio resterà sull’attenti fino all’ultimo momento. Il team Raggi si aspetta una nuova proroga su richiesta dei proponenti (As Roma e Parnasi) per prendere fiato e tentare per l’ultima volta la carta della trattativa: nessuno a Palazzo Senatorio vuole rompere con l’esercito di tifosi che attende solo il «sì» del Comune. Ecco, allora, che si affaccia ancora l’ipotesi di una «revisione» della delibera con cui l’ amministrazione Marino ha dichiarato la pubblica utilità del progetto.

Se ne parlerà (dopo la riunione tecnica di oggi) domani nell’ultimo e decisivo vertice con la Roma. «Il club – spiega chi lavora al caso stadio – dovrebbe portare una controproposta. Speriamo riesca a soddisfare le condizioni poste dal Campidoglio». Se così sarà, si potrebbe arrivare alla scrittura di una delibera che, accanto alla riduzione delle cubature private, prevederà anche una riduzione delle opere pubbliche a carico dei costruttori. A quel punto, trovata l’intesa, la Roma potrebbe finalmente stilare il progetto definitivo da portare in conferenza dei servizi. Un percorso a ostacoli. Ma l’unico possibile per chi ancora spera nel via libera su Tor di Valle. L’alternativa, altrimenti, è già scritta: annullamento integrale della delibera Marino. Una pista percorribile, però, solo dopo aver letto il parere dell’avvocatura capitolina sui possibili rischi che ognuna delle ipotesi sul tavolo potrebbe comportare. Tensione alta dunque, il tempo stringe: «Decidiamo noi consiglieri», dicevano i 29 grillini dell’aula Giulio Cesare ieri sera. Poi è arrivata la stoccata del grande capo. E nell’aria, in Campidoglio, resta solo lo sfogo del presidente del municipio VIII Paolo Pace al telefono con chissà chi: «La fase dei meet up è chiusa – urlava ieri, forse riferendosi alle ultime iniziative degli attivisti – ora ci sono i portavoce, non quelle riunioni del c… non hanno capito che l’epoca dell’uno vale uno è finita». Dopo quella di Grillo, un’altra pietra tombale made in M5S.

(La Repubblica – L. D’Albergo)



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