Dietro le schermaglie pubbliche tra Paolo Berdini e Virginia Raggi si nasconde una guerra privata combattuta sull’affare degli affari: lo stadio della Roma. A dispetto delle dichiarazioni della sindaca, che rimandano la decisione alla prossima conferenza dei servizi, l’accordo sulle cubature del maxi-impianto è stato già trovato, e tradisce non solo le posizioni dell’assessore all’Urbanistica, ma anche il programma elettorale dell’allora candidata cinquestelle che proprio sul “no” alle cubature extra aveva combattuto una delle sue battaglie più dure. Il patto, secondo quanto ricostruisce oggi una fonte diretta che ha seguito le questioni finanziarie dell’operazione, è stato siglato dopo Natale nel corso di un incontro tra l’assessore allo Sport ed ex-vice sindaco Daniele Frongia e il costruttore Parnasi.
L’imprenditore sarebbe uscito da quella riunione non solo rinfrancato, ma tenendo stretto nella tasca un accordo di massima sulle cubature dell’area commerciale, la carne viva dell’intera operazione stadio. Ed ecco i termini dell’accordo: il progetto iniziale prevedeva per il business park 900mila metri cubi, una cifra impossibile secondo Berdini che chiedeva un taglio di almeno il 60%, abbattendo così la cubatura a 330mila.
A questa offerta la As Roma e il costruttore hanno risposto rilanciando: non 900mila, non 330mila, ma 600mila. Proprio questo impasse si è inserita la contrattazione finale tra l’ex-vice sindaco e Parnasi per chiudere con una riduzione di un ulteriore 10% rispetto a quei 600mila. Troppo poco per l’assessore all’Urbanistica che considera il patto un via libera alla speculazione firmato proprio da chi aveva promesso di combatterle. Inizia così un gioco al massacro, una partita combattuta sul filo dei nervi tra Berdini che vorrebbe obbligare la sindaca e la giunta a prendere una posizione ufficiale sullo stadio e Virginia Raggi che svicola mantenendo una posizione attendista, rilanciata nei giorni scorsi con l’ultimo rinvio, quello alla conferenza dei servizi del prossimo 3 marzo.
Sulla partita ballano miliardi e quando gli affari si mischiano alla politica, gli animi si accendono. A nulla infatti sono valse le proposte alternative presentate dall’assessore all’Urbanistica. Una di queste, la Romanina, con vantaggi enormi rispetto a Tor di Valle, a partire dalla vicinanza con il grande raccordo anulare e dalla possibilità di raggiungerla allungando la linea metropolitana di una sola stazione. E non è bastato a far cambiare idea ai 5Stelle neanche il rischio idrogeologico e le possibili esondazioni del Tevere che il Comune ha risolto, con Marino, prevedendo l’istallazione di un sistema di pompe idrauliche perenni.
L’amore è cieco e questo spiega la scelta di Tor di Valle che diventa così il più fitto crocevia di interessi: quasi 3 miliardi da investire per la costruzione dell’intero complesso, un’area commerciale che, una volta messa sul mercato, potrebbe valere 2 miliardi e lo sguardo attento di Unicredit che da Parnasi deve avere indietro una montagna di quattrini. La partita a scacchi non finisce qui, ma l’ultima mossa viene rimandata al 3 marzo, quando la sindaca scoprirà le sue carte e il “rientrato” Berdini dirà addio sbattendo una volta per tutte la porta.
(La Repubblica – D. Autieri)
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