(Il Messaggero – M. Ferretti) Era forte il rischio, conoscendo la Roma, ovvero la sua colossale capacità di essere imprevedibile, che la memorabile partita contro il Barcellona potesse incidere, in un modo o nell’altro, sul derby. Perché, ormai è storia nota, la squadra di Eusebio Di Francesco tutto ha dimostrato di essere in stagione tranne che una garanzia di continuità, di affidabilità. Al punto che, alla vigilia di qualsiasi partita, contro la prima o l’ultima della classe o d’Europa, tu non sai mai che Roma farà. Come non ipotizzare, per tutto questo, che la sbornia di felicità presa dopo i tre gol a Messi potesse avere ripercussioni contro la Lazio? Si temeva una carenza di concentrazione, un pensiero di troppo verso il Liverpool e, perché no? anche la gamba un po’ affaticata per via dello stress psicofisico accumulato contro i blaugrana. Dice: ma la Lazio ha avuto due giorni meno di riposo. Vero, tutto assolutamente vero ma riflessione valida soltanto se il soggetto in questione non si chiama Roma. Cioè, la squadra capace di beccare due gol all’Olimpico dalla Fiorentina e di asfaltare, poche ore dopo, i campioni di Spagna. E in che modo, li ha asfaltati.
LA CURIOSITÀ – Ecco perché l’approccio visivo al derby è stato meno tecnico, meno tattico e molto più psicologico. Con l’intento di capire, di verificare che Roma avrebbe fatto dopo il fischio di partenza di Mazzoleni. Roma soft, in avvio. Un po’ troppo compassata, spesso in ritardo sulla palla: merito della Lazio o demerito degli uomini di EDF? Forse un po’ l’uno e un po’ l’altro, come sempre capita in questi casi. Molto alta la linea della difesa, Fazio quasi in marcatura personalizzata su Milinkovic ma centrocampo di frequente saltato con eccessiva facilità. E poca precisione nella fase di ripartenza. Poi, all’improvviso, uno spunto di Nainggolan, l’assist per Bruno Peres: destro angolato in diagonale del brasiliano e palo a Strakosha battuto. Più errore che sfortuna, ad essere sinceri. La prima vera emozione, forse, di un derby spigoloso, molto tatticizzato e carico di errori da entrambe le parti. Roma molto diversa rispetto alla gara con il Barcellona, ma senza dare specifiche colpe a qualcuno. Non bella come quella, sicuramente differente. Ma non era stata, in Champions, la partita impossibile; qualcosa fuori dall’ordinario? Il bis immediato, conoscendo la Roma, sarebbe stato molto improbabile. Altro avversario, altra partita. Solo che ci si aspettava una prestazione più di personalità, più di qualità. Un difetto che si è notato ancor di più nella seconda parte della gara, con i giallorossi troppo passivi di fronte al palleggio della Lazio. Poi, dopo il rosso di Radu, ecco un’altra Roma, in entrambe le fasi (troppi rischi, dietro). E, nella pressione finale con l’uomo in più, un altro legno, stavolta traversa, colpita da Dzeko a Strakosha battuto. E quando accadono queste cose, non si può non tirare in ballo anche un pizzico di sfortuna. Ma la fortuna, lo insegnano i vecchi maestri, te la devi andare a cercare. E la Roma post Barcellona, sotto questo aspetto, non è stata da applausi a scena aperta.
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