Tutto cambia dopo 5 minuti della ripresa. De Rossi entra durissimo su Pjanic, la Juventus si sbriciola, come sopraffatta dall’ansia. Più dei gol, è quella la mossa che cambia la serata di Allegri a della Roma in un istante solo. L’ansia che da quel momento inizia a intimidire Higuain e Bonucci, magari pensando a Cardiff, la percepisce pure la Roma. Capisce che è l’occasione per prendersi tutto: per rovinare la festa scudetto e prendersi un pezzo dello scudettino. Quel secondo pasta che per tutti, da Spalletti in giù, è il titolo dei comuni mortali.

Ma nonostante il ghigno di Nainggolan – il “nemico”, quello che “alla Juve no, grazie” – urli in faccia a Buffon che il primo atto del teorico triplete dovrà attendere, sulla serata romanista s’allarga una macchia scura. E ha la forma di un numero, il dieci. Quando Banti fischia la fine sono passati appena due minuti e mezzo dall’ingresso in campo del capitano della Roma. Centocinquanta secondi senza nemmeno il gusto di sfiorare il pallone. Mentra tutti gli altri festeggiano con la curva Francesco abbassa la testa, cammina, poi corricchia, diretto negli spogliatoi cupo come il volto di un minatore di carbone: la penultima in casa è meno di una comparsata, a non serve che lo dica lui per capire che quel cambio a recupero già iniziato deve averlo vissuto come uno schiaffo, un’umiliazione, forse anche peggio dell’esclusione di Milano di sette giorni prima. «Mi preoccupo più per il Totti uomo che per il calciatore», dice il dg Baldissoni confessando i tormenti del suo capitano. Non vorrebbe nemmeno festeggiarla, la fine, il 28, nonostante uno stadio sold out solo per lui e i fuochi d’artificio prenotati.

Ma lo stato d’animo di Totti e della Roma non potrebbero essere pia distanti: sabato c’è il Chievo e Spalletti potrebbe uscirne a un punto appena della Juventus. Caricando di altra pressione i nervi tesissimi dei campioni, stretti tra la finale di coppa Italia di mercoledì contro la Lazio, il Crotone che all’idea di salvarsi inizia a crederci davvero e quel peso ingombrante: il 3 giugno, il Real, la Champions. Chissà se frullerà nella testa di Buffon e compagnia, in questi giorni romani (costretta pure al trasloco da un hotel di Villa Borghese a un altro sul Gianicolo per un problema di prenotazioni) la tensione di un campionato ancora aperto, almeno sulla carta. E chissà se nelle idea di Spalletti c’è spazio per quel paradosso estremamente romano, nella sua schizofrenia, che da ieri ha iniziato a rimbombare via etere nella capitale: passare in una notte dall’incubo del sorpasso napoletano all’idea che il campionato non sia ancora chiuso.

II modo migliore per salutarsi, vista che alla permanenza dell’allenatore nessuno sembra pia credere davvero. «Lavoriamo in silenzio per cercare altre opzioni», ammette il ds Monchi. Baldini ha parlato con Eusebio Di Francesco, che ha ovviamente data la disponibilità diverso tempo fa, quando aveva congelato l’interesse della Florentina dando la priorità alla Roma. Per liberarlo servono 3 milioni, ma i rapporti con il Sassuolo sono talmente buoni (Pallotta riscatterà Pellegrini per 10 milioni) che la risolveranno con la cessione di un giovane: Ricci o Marchizza. La decisione in ogni caso e pressoché presa, il prossimo tecnico seguirà la strada “italiana”: chi viene da fuori, ritengono in una Trigoria scottata dall’esperienza di Luis Enrique, avrebbe bisogno di un periodo di adattamento che la Roma – ora che la Juve sembra vicina – non ha intenzione di concedersi.

(La Repubblica – M. Pinci)



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