«Se è questa l’idea di stadio che vogliono approvare, allora va organizzata una battaglia dura, bisogna dire no, no a uno stadio che non potrà garantire la minima funzionalità, piuttosto facciamolo da un’altra parte. Altrimenti, come abbiamo pianto per Totti, piangeremo un pochino anche per Pallotta…». Paolo Berdini, l’ex assessore all’Urbanistica «caduto» proprio sull’impianto giallorosso, affonda l’ultima versione del progetto di Tor di Valle dalla sala del Carroccio mentre, al piano di sopra, l’assemblea capitolina si prepara alla discussione che dovrà portare al voto. L’occasione è l’assemblea pubblica organizzata da Sinistra per Roma — «Sì allo stadio, no alla speculazione» — con Stefano Fassina e il giurista Paolo Maddalena. Berdini parte «dall’afasia generale di Roma, che lascia sgomenti: l’addio di Sky, Mediaset e Esso, i progetti fallimentari dell’ex Fiera di Roma, dei Mercati Generali, il degrado di piazza dei Navigatori, Roma è una città implosa su se stessa ma da mesi si parla solo di stadio». Che Berdini critica anche nel merito, dalla «scelta di realizzarlo su un terreno evidentemente non adatto alle previsioni non veritiere sui trasporti».

Chiede di tutelare e preservare l’opera del padre anche Clara Lafluente, figlia di Julio che disegnò l’ippodromo per le Olimpiadi del ’60: «Nel 2013 — spiega — non si sa a quale titolo visto che l’area è vincolata, sono stati anche rimossi 2.200 metri quadrati di vetrate protettive per accelerare e favorire il degrado dell’area, qualcuno dovrà risponderne». Fassina, infine, denuncia almeno quattro ragioni di illegittimità della delibera di pubblico interesse: «Mancano i chiarimenti sulla stabilità finanziaria di Eurnova, manca il parere definitivo sul vincolo sulle tribune dell’ex ippodromo, è mancato il coinvolgimento dei Municipi X e XI, manca il coinvolgimento i territori».

(Corriere della Sera)



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