Claudio Lotito

(La Repubblica – C. Augias) Ho davanti a me, confusamente, due Claudio Lotito, presidente della Lazio. Confuso perché poco sapendo di lui fino all’altro giorno, ho dovuto racimolare in fretta qualche dato. Ne avevo individuati due opposti, da qui la confusione. Il primo è un Lotito che esprimendosi penosamente in italiano, stretto dalla folla, dice cose al limite della sensatezza come quando accomuna nella stessa invettiva “Antisemitismo” e “Antirazzismo”, rifiutandoli entrambi. Anni fa, sentii un uomo politico del Mezzogiorno tuonare da un palco: «Perché noi non siamo come la Croce Rossa che chiunque può sparagli addosso». Un tipo di rovesciamento apprezzabile in Ionesco o Campanile, meno in un uomo pubblico.

L’altro Lotito lo trovo invece in un’intervista sul Corriere della Sera e lì ho pienamente condiviso queste parole: «Se avessero coscienza di ciò che è accaduto agli ebrei, non potrebbero commettere atti del genere… Chi ha certi comportamenti non è maleducato, è ineducato: nessuno gli ha mai spiegato nulla». Sicuramente c’era nella prosa impeccabile e nella giustezza dei concetti lo zampino del collega Stefano Agresti che ha raccolto le dichiarazioni, però ci sarà sullo sfondo — ho pensato — almeno un po’ di Lotito e questo Lotito 2 è capace di mettere il dito nella piaga. Ero così sul punto di scegliere il Lotito 2 sul Lotito 1 quando è arrivata la registrazione con la frase «Andiamo a fare ‘sta sceneggiata in sinagoga» e tutto si è di colpo chiarito. Quello è il vero Lotito e alcuni tifosi della sua squadra ne sono il volto più fedele, lo specchio.



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