C’è molto di kafkiano nella Roma. Una squadra che, all’improvviso, ha sterzato, ha subito, appunto, una metamorfosi. A Spalletti è servita la botta di Torino-Roma, quando la sua squadra ha provato a scendere in campo con due terzini offensivi, quattro uomini davanti (tre più Nainggolan). Era una squadra che, al di là della sonora sconfitta, non aveva un senso, un equilibrio. Spalletti quel pomeriggio di fine settembre ha detto basta. «Cambio», le sue parole minacciose nella pancia dell’Olimpico Grande Torino. E da lì è nata pian piano un’altra Roma. Che ha saputo contrastare anche le emergenze, prima sopportando l’assenza di Florenzi e poi di Salah, due elementi fondamentali della rosa, due titolari. Le ultime vittorie, con Lazio e Milan, hanno mostrato una squadra che, pur cedendo il gioco nelle mani dell’avversario, non ha subito granché e ha vinto, come si dice in questi casi, da grande squadra. Da squadra che non vince solo le partite dove domina e disintegra gli avversari, ma anche quelle mezze e mezze, dove le capita anche di soffrire. All’appello, forse, manca solo la trasferta di Empoli, dove effettivamente si poteva fare di più, dove quelle occasioni non sono state sfruttate. A proposito di Empoli: lì ha ricominciato a far parte dell’undici titolare un certo Ruediger, impiegato a sinistra nello 0-0 del Castellani, oggi il tedesco viene schierato a destra (o centro destra).

IL TRIO Ecco, ci sono due elementi che hanno ridato solidità alla squadra, che nelle ultime due partite (tre se consideriamo l’Europa League) ha lasciato la porta inviolata, diciamo pure clean sheet, altrimenti non siamo abbastanza moderni. Cosa che a Spalletti, da quanto è tornato a Roma, non era mai successo. Come non gli succedeva di vincere semplicemente 1-0 da Roma Napoli del finale dello scorso campionato. Una controtendenza evidente, un sintomo che oggi si ragiona in maniera diversa e come sostiene Nainggolan si ottengono punti pur non essendo belli. Dicevamo due elementi. 1) Ruediger ha dato solidità alla difesa, che si alza con i tre e difende con i quattro (o cinque), recuperando un difensore pure una volta a sinistra (Juan Jesus) oppure a destra (Ruediger), lasciando in mezzo la corsa di Manolas e il senso della posizione e la solidità di Fazio. Più, la diga a centrocampo di De Rossi e Strootman, più il lavoro in attacco di gente come Dzeko e Nainggolan.

MOMO Elemento numero e qui siamo quasi al paradosso. 2) L’assenza di Salah. Concetto spiegato molto bene da Spalletti dopo Roma-Milan: «Momo ti ribalta in toto la squadra avversaria, ti fa lo strappo di sessanta metri, ma lo trovi meno nel palleggio e nel recupero palla, rischiando di essere uno di meno, quando fa i contrasti ti fa vincere le partite come a Napoli». Napoli, esempio vero di difesa a tre e mezzo. Bruno Peres, insomma, non ha lo strappo di Momo, ma essendo un difensore non ha bisogno del centrocampista che vada a coprirgli costantemente le spalle. Quando tornerà Salah, dovrà essere quello del famoso video mostrato da Spalletti qualche mese fa, tanto per essere chiari.

STADIUM E TABÙ A Torino, sabato, mancherà sicuramente Peres e molto probabilmente Salah. Che si inventerà Spalletti? La soluzione più ovvia è quella di alzare El Shaarawy a sinistra e chiedere quel tipo di sacrificio a Perotti sulla destra. Oppure schierare Juan Jesus o Mario Rui terzino sinistro e Emerson alto a destra. Vedremo, ma si ripartirà sicuramente dai tre fissi dietro, Ruediger, Manolas e Fazio, più uno offensivo su una fascia. Una Roma più attenta per cullare il sogno scudetto. Uno Spalletti che ha capito come poter lottare per quel traguardo e, finalmente, come battere la Juventus. Da quando allena non ha mai vinto contro i bianconeri in campionato. In 21 partite li ha sconfitti solo una volta, 10 anni fa in Coppa Italia (con la Roma), poi ha incassato ben 17 sconfitte e solo 3 pareggi. Sarà pure arrivato il momento di invertire la tendenza, penserà Lucio. Vai a dargli torto.

(Il Messaggero – A. Angeloni)



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