ROMA-ATALANTA 3-3 – Dopo una settimana un po’ tanto friccicarella, che a Trigoria si è chiusa con la cessione (soltanto) di Strootman al Marsiglia (ma, prima o poi, verrà a galla anche quello che è stato stoppato in extremis), la nuova Roma di EDF ha svalvolato contro l’Atalanta. Partita dalle tante, troppe cose brutte e dalle tante chiacchiere, cominciate all’annuncio delle formazioni e proseguite ben oltre il fischio finale di Fabbri. Al centro di tutto, almeno all’inizio, la posizione in campo di Javier Pastore.
Che, acquistato per fare la mezzala (cit. Di Francesco), dopo la deludente esibizione di Torino è stato dirottato sulla corsia di sinistra. Da esterno d’attacco, in parole povere. Un destro a sinistra, tanto per non smentire la tesi del piede contrario. Un azzardo, a bocce ferme, se non altro perché il tecnico abruzzese non aveva mai provato l’argentino in quel ruolo nella pre season; anzi, s’era intestardito ad addestrarlo nella posizione di mezzala. Poi, all’esordio all’Olimpico, la svolta.
COLPI DI SCENA – E dopo meno di cento secondi di gara, Pastore aveva già messo la sua firma sulla partita. Con un colpo di tacco da copertina, piazzato nella posizione di centravanti, altro che esterno. Una prodezza tecnica frutto di intuito e coraggio. Un’immane illusione, però, perché a seguire il buio. Non del Flaco, ma di tutta la Roma. Presa a pallonate dalle riserve dell’Atalanta.
Le riserve, neppure i titolari di Gian Piero Gasperini. Una pagina orrenda della storia della Roma. Incapace di tener testa ad avversari più veloci, più cattivi, più determinati, insomma più bravi degli uomini di Di Francesco. E qui la posizione di Pastore c’entrava, ma c’entrava davvero poco. Un’esibizione collettiva penosa, tipica di una squadra (squadra?) che in campo non sa assolutamente cosa fare. In nessuna situazione di gioco, con palla tra i propri piedi o con palla agli avversari. Un crollo inatteso e impensabile per una squadra che millanta di voler lottare per le posizioni di vertice.
Poi, con una ripresa più accorta dal punto di vista tattico (cambio di modulo, dentro Nzonzi, Pastore al centro), e con una prestazione migliore sotto l’aspetto tecnico di molti suoi interpreti, la squadra giallorossa ha cancellato (quasi) tutte le nefandezze prodotte nei primi quarantacinque minuti ed ha recuperato il risultato. Un punto tanto per cominciare all’Olimpico non è una bella cosa, ma poteva andare molto peggio. E quel primo tempo, con l’incubo di una vergognosa goleada, non si può, non si deve cancellare. Anzi, deve essere un punto di (ri)partenza per tentare di dar seguito con i fatti alle tante, troppe parole che hanno accompagnato la Roma nelle ultime settimane. Già, tante parole e pochi fatti.
(Il Messaggero – M. Ferretti)
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