Lionel Messi

(Gazzetta dello Sport – F. Licari) Non esagera Di Biagio quando considera Italia-Argentina la prima partita del nostro Mondiale personale. Questo è il minitorneo che dirà quanto siamo davvero lontani dalle qualificate, quanto Spagna e Svezia sono state soltanto sfortuna. Messi andrà a giocarsi il titolo in Russia, come l’Inghilterra che troveremo a Londra, come la Francia rivale di giugno. Noi no. Sfide da Mondiale, quindi, anche se l’obiettivo non è la finale di Mosca del 15 luglio ma più lontano: la Nations League, l’Europeo dove non possiamo mancare, la rinascita di un movimento, tra risultati e orgoglio, che non può non cominciare da qui.

NUOVO PATTO SOCIALE – Nel 1974 Fulvio Bernardini prese in mano l’Italia post disastro tedesco: quella fu una rivoluzione, questa no, non ancora. Anche perché, come dice Arrigo Sacchi, non è neanche facile per Di Biagio gestire la situazione da c.t. che non conosce il suo futuro. L’altro «Gigi» non può che mettere in difficoltà Malagò, Costacurta e chi dovrà prendere una decisione davvero epocale. Partendo in svantaggio: la sua è una soluzione a tempo, altrimenti gli avrebbero fatto un biennale. Ma ha una strada: non fare troppi calcoli, giocare per divertirsi e divertirci, affrontare Messi con lo spirito dell’U21. Che non significa prepararsi a un’imbarcata di gol, meglio ricordare che davanti abbiamo Messi e Higuain. Ma riconquistare i tifosi, stipulare un nuovo «patto» dopo che l’ultimo era stato strappato tra andata e ritorno con la Svezia.

COMBINAZIONE VECCHI-NUOVI – Poteva avere più coraggio il c.t.? Poteva tagliare definitivamente quelli sui trent’anni, da Candreva a Bonaventura, ma è anche vero che non siamo come ai tempi di Bernardini: allora si poteva anche saltare un Europeo, tipo quello del 1976, senza troppi drammi nazionali. Ora no. Per cui si è scelta la strada della combinazione con il nuovo che comunque avanza a buon ritmo: Spinazzola, Pellegrini, Chiesa, Donnarumma, Romagnoli, Rugani, Caldara, Bernardeschi, Cutrone, Cristante, presto Barella, e non solo lui, sono una nuova generazione interessante che però ha bisogno di partite, test, batoste, come era stato per Bonucci, Chiellini e Buffonche ormai parla sempre più da simbolo e leggenda vivente della Nazionale. Avranno il tempo?

SISTEMA – Una cosa intanto è positiva: per quanto affascinante fosse l’idea dei 4 attaccanti, Di Biagio sta scegliendo un sistema moderno che si adatti ai giocatori, non il contrario. D’altra parte non c’era chi suggerisse a Ventura, solo pochi mesi fa, il 4-3-3 che sarebbe stato ideale per il giocatore più decisivo, Insigne. Qualche dubbio l’abbiamo su Verratti play, oppure sulla combinazione con Jorginho centrale e lui mezzala. Servirebbe un Thiago Motta, come nel Psg, per coprirgli le spalle, ma non si vede. Forse Parolo è quello che più si avvicina all’identikit, aspettando Mandragora o Locatelli non ancora pronti. Anche Gagliardini è più mezzala che centrale. Un ruolo che, perso Pirlo, sta soffrendo.

POST-DEPRESSIONE – Oggi in tanti devono dimostrare qualcosa. Verratti ha il compito di smentire la sfiducia che l’ha circondato, Immobile di trovare una dimensioneinternazionale, Spinazzola di correre come con Gasp, Insigne di fare come con Sarri. Mettendoci in testa una cosa: non siamo Argentina, Spagna, Francia, Germania e Brasile, che hanno materiale per due nazionali, non abbiamo Ronaldo come il Portogallo, ma non siamo poi così inferiori a tutte le altre. Per favore, mandiamo al diavolo la depressioneche ci ha preso dopo la Spagna.



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