(Gazzetta dello Sport – A. Elefante) Roberto Mancini si avvicina alla panchina della Nazionale azzurra. E’ più facile immaginare che il suo primo progetto tattico sarà un 4-2-3-1: il sistema con cui ha giocato (e vinto) di più negli ultimi anni. Dal punto di vista tattico non è mai stato un integralista e quando necessario ha modificato disegno in base agli uomini a disposizione. Ma anche alla luce delle defezioni di cui dovrà tener conto per le sue prime convocazioni (Spinazzola, Conti, Verratti e forse Gagliardini, Immobile e De Sciglio), le due vere lacune dell’organico — un laterale sinistro e un centrocampista — riguardano qualunque sistema di gioco.
Gli esterni non gli mancano: Candreva, Bernardeschi, Chiesa, Verdi, Insigne, El Shaarawy, nel caso Politano e Berardi. Il discorso ovviamente varrà eventualmente anche per il 4-3-3: il sistema teoricamente più idoneo per il materiale a disposizione, a cominciare da Insigne. Ma anche quello che il Mancio, almeno fino ad oggi, ha sentito meno suo. Ha sempre preferito un più lineare 4-4-2, che gli consentirebbe di non rinunciare a due centravanti in un colpo solo (e in quel caso sarebbe forse Belotti, più che Immobile, il partner «compatibile» con Balotelli). Oppure il 4-3-1-2, anche adattando un centrocampista offensivo al ruolo di trequartista. In Nazionale potrebbe toccare a Bernardeschi, Cristante o Verdi (molto meno Verratti): comunque tre soluzioni tutte da verificare.
Ma tornando al 4-2-3-1, in vista delle tre amichevoli previste fra il 28 maggio e il 4 giugno, oggi l’incognita è la coppia davanti alla difesa, viste le assenze di Verratti (sicura) e Gagliardini (possibile). Dato per certo Pellegrini, la soluzione è De Rossi: per Mancini di sicuro non un semplice rimedio d’emergenza. Perché lo ha sempre considerato un centrocampista «totale». Perché anche ultimamente ha confermato di avere ancora molto da dare. E perché, assieme a Chiellini, può essere l’ideale anello di congiunzione fra il nucleo storico e il nuovo che avanza.
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