ULTIME NOTIZIE ITALIA MACEDONIA – Per la seconda volta consecutiva non andremo al Mondiale. Mai successo due volte di fila, scrive La Gazzetta dello Sport. Si spalanca un baratro minimo di 12 anni: 2014-2026. Con quel che significa per l’immagine del nostro calcio che non ha ritenuto opportuno saltare un turno di campionato per aiutare la Nazionale. Bravi.
In 270’ di spareggi (Svezia, Macedonia) non abbiamo segnato un solo gol. Ciro Immobile, disastroso, c’era nei tre match. Senza gol e senza centravanti non vai da nessuna parte. Roberto Mancini, nel suo mandato, ha mascherato la lacuna con la forza di un gioco che arrivava comunque in porta.
Anche ieri, a leggere i numeri, la prestazione c’è stata: 32 tiri verso la rete; 16 corner a zero; 65% di possesso. Ma il campo è più onesto dei numeri. Quella cosa in campo ieri non era l’Italia. Era un gomitolo di tensione, una squadra snaturata che, invece di tessere palla a terra, lanciava lungo e ingoiava calci d’angolo, bulimica, sprecando le pochissime occasioni create. E’ mancata la fortuna di giugno, ma là ce l’eravamo meritata. Stavolta è mancato anche il tocco magico di Mancini che forse ha sottovalutato l’implosione del dopo-Europeo. Non è riuscito a riportare indietro l’orologio per ridare anima e gioco.
Senza quella magia, giocatori eternamente incompiuti come Insigne e Immobile hanno mostrato tutti i loro limiti di personalità; Jorginho si è normalizzato; Berardi, che ha sprecato il meglio, ha fallito l’esame di maturità; Donnarumma ha perso i superpoteri. I migliori: Bastoni, che ha stoffa da campione vero, e Verratti, che da anni, a Parigi, gioca ad altre altezze, con altri campioni.
A giocarsi il Mondiale con il Portogallo andrà la Macedonia che nel primo tempo non ha fatto neppure un tocco nella nostra area: record. Il gol è arrivato beffardo come nei nostri incubi peggiori: lo ha segnato nel 2’ di recupero Trajkovski che ha giocato quattro anni nel Palermo. Così come il coreano Ahn, carnefice nel 2002, giocava nel Perugia. Un altro scheletro nel nostro doloroso armadio.
L’Inno cantato in modo poderoso dal popolo del Barbera non potrebbe spingere gli azzurri in modo migliore. Infatti gli azzurri partono bene. Ma, esaurita la spinta emotiva, affiorano le paure. Lo vedi dalla palla che circola al limite dell’area macedone, lo stadio suggerisce “tira!”, ma nessuno tira, anche se potrebbe, perché preferisce scaricare un passaggio comodo. Lo vedi in modo definito al 30’, quando l’Italia non ha ancora tirato in porta e un regalo faraonico del portiere macedone spalanca lo specchio a Berardi.
Allo Stadio Mapei sarebbe un gol fatto, invece qui Domenico slaccia un sinistro (il piede buono!) tremebondo e Dimitrievski ha tutto il tempo di rientrare tra i pali. Lo vedi quando Immobile ha una buona finestra di tiro, ma si aggiusta la palla tre volte prima di calciare e la finestra naturalmente si chiude. Troppa tensione.
Il guaio è che a soffrirne più degli altri, oltre al solito Immobile nazionale, sono i due di cui avremmo più bisogno, gli esterni creativi: Berardi e Insigne che non osa mai qualcosa di importante. La Macedonia mostra più volte la sua modestia tecnica, ma le basta scomporre di regola il 4-2-3-1 in due linee strette per trascinarsi illesa fino all’intervallo. Non per meriti, ma per colpa nostra. Anzi, rischiamo anche la beffa al 40’ quando uno svampito Mancini permette a Churlinov di involarsi solo verso Donnarumma. Il meglio è Verratti che, non a caso, abita da anni la Champions e certe tensioni le spezza come crackers.
La ripresa si apre nel segno di Berardi che va al tiro quattro volte nel primo quarto d’ora. Il pallone che vola oltre la traversa al 13’ è un altro errore da matita rossa, ma la sensazione è che abbia lasciato in spogliatoio qualche chilo di tensione e corra più leggero. Ma l’Italia continua a non essere ciò che era. Ammassa corner con i nervi e con i lanci lunghi.
Mancini interviene una prima volta per inserire Raspadori al posto di un pessimo Insigne e poi una seconda per aggiungere Tonali (Barella) e Pellegrini (Immobile). Un’ovazione accoglie l’ingresso di Chiellini, come se potesse riportare in campo la magia di giugno e prendere per il coppino la Macedonia che, chiusa e appassionata, è in marcia verso la terra promessa dei rigori. La trova molto prima.
Minuto 47’: Trajkovski controlla un pallone in corsa e lo incrocia nell’angolino della sua vecchia porta. Chiediamo un fallo di mano. Ma questa non è la Serie A. Torniamo pure nel nostro piccolo mondo di Var, simulazioni, furbi e tempo perso. Intanto ci hanno spazzato via dalla Champions e dal Mondiale. Non è l’Apocalisse, ma ci assomiglia tremendamente. E fa più male della prima. Consolate i bambini che diventeranno grandi nell’attesa di un altro Mondiale con l’Italia dentro.
FOTO: Credits by Shutterstock.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA