ULTIME NOTIZIE AS ROMA JUVENTUS MOURINHO – Lo avevamo lasciato così, con la mano destra verso l’orecchio, come per dire: «Non vi sento». Era il 7 novembre 2018 e José Mourinho, alla guida del Manchester United, aveva appena battuto in trasferta la Juventus in Champions League per 1-2, scrive La Gazzetta dello Sport.
Contro lo Special One, durante la partita, i tifosi bianconeri avevano rovesciato l’armamentario verbale che si riserva a un antico nemico, per questo lo “sberleffo” del portoghese fece il giro del mondo. Le radici “ideologiche” del conflitto, però, sono ancora tutte lì, e proprio adesso che il portoghese guida la Roma per cercare di sfatare il “quasi tabù” (vedremo il perché) dello Stadium, tutto lascia pensare che l’acredine non sia finita.
La stessa che, nel 2009, portò il portoghese a dire: «La Juventus è quella squadra che non potrò mai allenare dopo essere stato sulla panchina dell’Inter». Certo, nel calcio di oggi il «mai dire mai» è più d’attualità del «per sempre», tant’è vero che lo stesso portoghese, ai tempi del Chelsea, aveva detto che non sarebbe mai andato al Tottenham per poi smentirsi.
D’altra parte, il rosario di affondi da interista, in appena due anni, è stato lungo. Si cominciò il 3 marzo 2009, quando un mese prima della sfida a Torino, il portoghese graffiò così: «Non si è parlato di una Juve che ha fatto tanti punti con errori arbitrali. Zenga, Delneri, Prandelli hanno perso tre punti con loro e, anzi, dico a Marino e Novellino chi i prossimi fine settimana è meglio giocare con la seconda squadra… Forse anche per noi, quando giocheremo a Torino, sarà meglio giocare con la Primavera, perché sta arrivando il giorno dello scandalo».
Il match in questione, al Delle Alpi, finì 1-1, ma Mourinho alla fine si tolse lo sfizio di dire: «Il migliore omaggio che potevamo ricevere è vedere lo stadio di una squadra gloriosa festeggiare per aver pareggiato con noi». Passarono meno di otti mesi e il 5 dicembre, sempre a Torino, il portoghese prese la strada dello spogliatoio dopo appena venti minuti. Espulsione – per aver applaudito ironicamente l’arbitro Saccani – e poi sconfitta 2-1, l’unica del periodo nerazzurro contro i bianconeri.
La rivincita, però, fu fulminante. Il 28 gennaio 2010 i nerazzurri s’imposero in Coppa Italia, stavolta in casa, con lo stesso punteggio, ma alla fine Mou, per un rigore non dato, tuonò contro il direttore di gara: «Una vergogna, è il calcio che chiede quel rigore, non l’Inter. Basta, basta, basta. Si è giocato a pallamano». Il ciclo si chiuse il 19 febbraio 2010. A Bettega che lo invitava a non parlare dei rigori a favore della Juve, il portoghese replicò: «Aree di 25 metri ce n’è solo una in Italia». E il riferimento era palese.
Con queste premesse, difficile immaginare che Mourinho non vada incontro a una domenica calda dal punto di vista dell’accoglienza da parte dei tifosi juventini, ma per chi ha guidato (che è un concetto diverso dal semplice allenare) i nerazzurri e adesso cerca il successo con la Roma, non è un problema accarezzare contropelo la Zebra.
D’altronde, nonostante il bilancio non sia spropositatamente sbilanciato (4 vittorie, 1 pari, 2 sconfitte), a vincere dialetticamente è sempre stato Mourinho, che proprio per questo è chiamato a sfatare davvero – e vi spieghiamo il perché – il tabù rappresentato dallo Juventus Stadium per la Roma. I giallorossi, infatti, nella nuova casa bianconera, fra campionato e Coppa Italia, hanno perso 11 volte su 12.
L’unica eccezione c’è stata il 1° agosto 2020, quando la Roma di Fonseca s’impose per 1-3, ma i bianconeri si era già cuciti lo scudetto sul petto e schierarono le seconde linee. Quanto basta per non dare al risultato la stessa valenza di tutti gli altri.
Insomma la tentazione di lucidare ancora l’antico armamentario “ideologico”, per Mourinho, forse c’è ancora. Certo, da quei giorni sono passati oltre dieci anni e Mou arriva a Torino sotto le bandiere della Roma, ma il carattere, forse, è rimasto lo stesso. E allora la domanda resta nell’aria: siamo sicuri che siano arrivati i titoli di coda?
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