Sembrano di due galassie diverse e invece la distanza tra Juve e Roma sono appena due pareggini, due vittorie mancate dai giallorossi, lo scellerato 2-2 di Cagliari e lo sventurato 0-0 di Empoli. Sono le firme di due ex romanisti, Borriello e Skorupski, a tenere separate due squadre che fin qui hanno più o meno fatto le cose uguali: hanno perso tre volte a testa, hanno sempre vinto in casa, hanno fatto (35/36) e subìto (14/16) quasi gli stessi gol. Però è un equilibrio fragile, perché se sabato la Juventus dovesse vincere succederà ciò che tutti vaticinano dall’estate: il campionato finirà prima ancora di arrivare a metà. Ma per ora le differenze sono minime: due pomeriggi mezzi storti, tutto lì.
Juve-Roma è stata una sfida scudetto grosso modo dal gol (annullato) di Turone in poi. Ecco: nella memoria collettiva sono rimaste soprattutto vittorie bianconere con episodi un po’ così. Deschamps su Gautieri. Il guardalinee e Aldair. Il violino di Garcia. Da parte romanista, il ricordo più gaio è il 2-2 del 2001, col famoso gol di Nakata che poté giocare perché era appena cambiate le regole sugli extracomunitari. Se chiedete a uno juventino di elencare un’ingiustizia subita, vi parlerà di questa. In casa Juve la Roma ha vinto appena appena 8 volte su 82: come la Lazio (ma su 72 tentativi), la metà del Toro, un terzo del Milan, meno anche dell’Inter. Non hai mai espugnato Torino due volte nello stesso decennio e siccome l’ultimo successo risale al gennaio 2010, in teoria per il prossimo toccherebbe aspettare il 2020.
L’equilibrio tecnico non si rispecchia in quello finanziario, perché il fatturato della Juve continua a espandersi, sfiora ormai i 400 milioni e punta ai 500. Anche la Roma ha toccato il suo massimo storico, ma con appena 214 milioni: poco più della metà dei rivali. Meno ampia la forbice degli stipendi: la Juve spende per i suoi calciatori 197 milioni, la Roma 138. Ma il prossimo bilancio da una parte si appesantirà dei guadagni di Higuain, Alves e Pjanic, dall’altra si alleggerirà grazie ai risparmi per il bosniaco e De Rossi, cui a giugno scadrà il contratto. Fino a luglio era il più pagato della serie A (6.5 milioni), poi il Pipita (7.5) l’ha scavalcato.
Ne hanno avuti di migliori, anche se la Juve si è divincolata dalla batosta di Marassi vincendo due gare complicate (Atalanta e Toro) così come la Roma, che dopo il ko di Bergamo ha battuto Pescara (vabbè), Lazio e Milan. Allegri ha ritrovato Dybala (esce Mandzukic?) ma continua a essere senza Barzagli, Bonucci e Dani Alves. Spalletti oltre a Paredes e Florenzi ha perso Bruno Peres, però gli sta ronzando in testa l’idea Salah: l’egiziano potrebbe giocare una ventina di minuti, ma se dimostrasse di avere un’autonomia superiore potrebbe persino partire dall’inizio. Entrambe le squadre hanno moduli snodabili, però la Juve si sta assestando sul 4-3-1-2 e la Roma sul 4-2-3-1.
I bianconeri continuano a prendere gol ogni volta, mentre Rudiger ha impermeabilizzato i giallorossi: 11 gol subiti in 9 par- tite senza di lui, appena 5 in 7 con lui. Toscani e diversi, Allegri e Spalletti hanno pochi tratti in comune. Lo juventino punta sulla leggerezza, è meno cerebrale, segue spesso l’istinto che lo guidava quando giocava e ha la grande qualità di non entrare mai in conflitto con i campioni.
Il romanista è più “scientifico”: in carriera ha innovato, inventato (il 4-2-3-1 con Totti falso 9), modificato, inseguito l’estetica, studiato (e vinto) all’estero. Da quando è rimpatriato, sembra si sia fatto più pratico e più psicologo: la sua grande battaglia è contro gli sbalzi umorali di Roma, la parola che odia di più è “ambiente”. Allegri la pressione sa alleviarla, sempre e comunque. Alza la voce solo quando i suoi tendono a diventare snob.
Dzeko segna più di Higuain (12-9) e, soprattutto, si sta facendo ruotare la squadra attorno, mentre la Juve sfrutta il suo centravanti più come valore aggiunto, senza riferire tutto a lui. Pjanic giura che a Roma ha lasciato solamente amici, ma chissà se davvero i suoi compagni gli manifesteranno dell’affetto. Nainggolan è un tenace antijuventino: giocherà con i fischi addosso, e ne sarà fiero.
(La Repubblica – E. Gamba)
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