(Gazzetta dello Sport) Se avesse dato retta all’istinto, probabilmente Aleksandar Kolarov sarebbe corso verso la panchina più lontana, non da Francesco Tomei, il vice di Eusebio Di Francesco che assiste il serbo quando a fine allenamento prova le punizioni. Qualche metro più in là rispetto a quell’abbraccio c’era la faccia truce di Sinisa Mihajlovic: serbo come lui, mancino come lui, specialista come lui. Sinisa, l’idolo di Kolarov ai tempi della Stella Rossa e non è difficile capire perché, da ragazzino sfondava le saracinesche dei garage per affinare il sinistro e adesso a 48 anni non ha ancora perso il feeling da fermo: lo hanno appena filmato mentre in allenamento piazza ancora con facilità estrema il pallone all’incrocio. «Io l’avrei messa lì, sotto il sette», ha bofonchiato il tecnico del Torino quando gli hanno chiesto un paragone, sminuendo il colpo che lo ha affondato domenica pomeriggio. Vero, la punizione di Kolarov non è finita esattamente all’incrocio e forse Sirigu non è stato reattivissimo, ma la punizione-gol allo stadio Grande Torino resta un pezzo di bravura: di più, è il miglior gesto tecnico della nona giornata. Al serbo della Roma va la perla della settimana.
PIU’ EVOLUTO – Come Sinisa, Kolarov ha trascorsi significativi con la Lazio — club da cui ha spiccato il volo verso i pound e i successi della Premier — un passato mai rinnegato che quest’estate qualche tifoso romanista non ha ben digerito. È bastato uno scorcio di campionato, tuttavia, a convincere anche il più scettico. Come direbbero gli inglesi, Kolarov alla Roma è stato «bargain», l’affarone dell’anno. Il club giallorosso ha pagato appena 5 milioni al Manchester City, approfittando delle svendite di Guardiola che ha rivoluzionato il reparto-esterni: la Roma ci ha guadagnato sia sotto il profilo finanziario — Monchi aveva prima venduto Mario Rui al Napoli per quasi il doppio — e ancora di più dal punto di vista tecnico. Chi pensava a un Kolarov in disarmo — e il precedente di Ashley Cole non aiutava — ha scoperto invece che il suo sinistro è ancora carico e soprattutto che dall’Inghilterra è tornato un terzino molto più evoluto (e con due Premier vinte in più) rispetto a quello quasi solo corsa e tiro partito nel 2010: sa difendere meglio, ha personalità da vendere, produce cross, occasioni e assist, ha deciso due partite con due punizioni da 1-0. A Bergamo, alla prima giornata, fece passare il pallone sotto la barriera, rasoterra. Intelligente e furbo. A Torino si è preso la perla ricorrendo alla specialità della casa, senza necessità di astuzie come contro l’Atalanta: la bravura in questo caso sta nel combinare potenza ed effetto, facendo passare il pallone sopra agli uomini della barriera che saltano ma senza perdere velocità nel viaggio verso la porta. Tra l’altro ha calciato dal settore sinistro del campo, da dove di solito calcia un destro. Certo, non se hai Kolarov in squadra (o se avevi Mihajlovic): uno che segnò il suo primo gol in A da 35 metri, il primo in Champions, il primo in nazionale, il primo in un derby di Manchester sempre su punizione.
IL PODIO – I 31 anni del terzino serbo della Roma non sembrano assolutamente un problema, così come non lo sono i 33 di Samir Handanovic né i 39 di Gigi Buffon. I portieri di Inter e Juventus completano il podio della nona giornata con interventi simili. Quello del nerazzurro a Napoli è doppio e per questo va al secondo posto: chiusura bassa su Callejon e poi riflesso sul tap-in ravvicinatissimo di Mertens, e 0-0 blindato. Notare il corpo raccolto, pronto a reagire. Reagisce bene anche Buffon quando a fine primo tempo l’udinese Jankto al volo, solo sul secondo palo, mira sotto le sue gambe. Lì non si passa, non con Gigione. E il ceco dell’Udinese si è dovuto accontentare della maglia numero 1 ricevuta a fine gara.
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