AS ROMA NEWS KONE LE FEE PISILLI – Non è una bella Roma, ma è una Roma che sta cambiando. E chissà se sarà pronta per il futuro, per quella piazza Champions che non si raggiunge dal 2018. Juric è l’allenatore che Friedkin ha scelto e con lui pensa, e spera, di andare avanti. Spera perché come sempre, tutto è legato ai risultati, che per ora non sono totalmente soddisfacenti, scrive Il Messaggero.
Come non lo è il calcio che stiamo vedendo, e questo si è (non) visto anche contro il Torino. Juric non è fermo, qualche segnale lo lancia. Soprattutto nelle scelte, che vanno verso una direzione, quella di una ripartenza. Con il Torino ha “salvato” solo Mancini (e Angeliño) dalla prestazione di Firenze, conservando sul suo braccio anche la fascia da capitano, che sarebbe spettata a Pellegrini e in seconda battuta a Cristante. Entrambi, tenuti fuori dall’undici titolare, «per scelta tecnica».
Nessun malanno, nessuno ha dovuto «stringere i denti». Fuori, senza se e senza ma. E questo è un punto di svolta, considerando che Bryan e Lorenzo, insieme con Paredes, desaparacido per eccellenza sotto la gestione Juric. Loro tre hanno composto l’ossatura della Roma del recente passato, di Mou prima e soprattutto di De Rossi poi. Tre imprescindibili che hanno lasciato il posto ai vari Koné (2001), Le Fée (2000), Pisilli (2004). In più ha dato un segnale anche sulla campagna acquisti che ha visto uno dei protagonisti principali Matias Soulé, diventato la riserva di Baldanzi (2003).
Juric ha fatto capire che Shomurodov non può essere considerato l’alternativa a Dovbyk: se non c’è l’ucraino, il centravanti è Dybala, nonostante i suoi limiti fisici. E’ chiaro che uno come Soulé è/sarà un talento da non buttare a mare, per lui parla l’età (è del 2003) e l’investimento fatto (intorno ai 30 milioni), il problema è che al momento risulta fuori dall’idea tattica di Juric, e quindi dovrà aspettare. Ecco, ciò che è emerso l’altra sera, nonostante la prestazione non proprio convincente al cento per cento, è che il tecnico ha deciso di non guardare in faccia nessuno: gioca chi in questo momento sta meglio, senza contare le gerarchie. E senza guardare l’età: in campo si è abbassata la media, siamo sotto i venticinque anni, calcolando chi è sceso in campo come Ndicka e Svilar (entrambi del 1999). La base di partenza, quella emotiva, è chiara.
C’è da migliorare, e tanto, l’aspetto tecnico. Celik e Zalewski hanno bisogno di alternative serie, Saelemaekers ed El Shaarawy stanno pian piano tornando e forse con loro si vedrà una squadra più logica, con tutto il rispetto per chi ha giocato fino a ora, da Saud a Celik. Dahl era fuori prima ed è fuori ora, in più non è nemmeno in lista per l’Europa. Il problema che spicca maggiormente è l’assenza o quasi di pericolosità offensiva. La Roma non tira in porta, o lo fa pochissimo.
Se si calcia poco in porta, i gol inevitabilmente non arrivano: peggio della Roma, che ha segnato solo dieci reti (solo una volta, contro l’Udinese, ha vinto con più di due gol di scarto), solo Cagliari (otto), Empoli e Genoa (sette), Lecce (quattro). Come i giallorossi, Monza e Venezia. Parliamo di squadre medio-piccole. E la Roma è decima, nel limbo. Mancano gli assist e i gol di Pellegrini e Soulé, una maggiore efficacia di Dybala. Il cannoniere in campionato è Dovbyk con tre reti, poi a segno solo Dybala (due) Shomurodov, Baldanzi, Cristante, Pisilli e Koné.
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