S’era detto, dopo la sconfitta patita dalla Roma nel derby di ritorno di campionato: per avere la certezza del secondo posto, la squadra di Luciano Spalletti dovrà fare 12 punti nelle quattro partite finali. Essendo impossibile farne undici (per sfruttare, a parità di punti, il vantaggio nello scontro diretto) e calcolando che dieci non sarebbero stati sufficienti, visto il calendario del Napoli, non c’era alcun dubbio: o bottino pieno oppure niente Champions diretta.

Tre turni di campionato dopo, la situazione è esattamente quella preventivata, con la squadra di Maurizio Sarri capace di fare bottino pieno. La Roma, però, è ancora un punto davanti, esattamente come in quel post derby. Grazie al successo maturato in casa del Chievo,ma soprattutto grazie ai due centrati contro Milan e Juventus. Due vittorie, occorre esser sinceri, poco pronosticate. Meritate ma, per molti versi, sorprendenti. Come se il ko nel derby avesse prodotto una scossa benefica. Positiva. Cioè l’esatto contrario di quanto accaduto dopo la sconfitta nel primo derby di Coppa Italia, con le successive sanguinose sconfitte contro Lione e Napoli.

Quale è, allora, il vero volto della Roma? Ad un partita dal fischio finale della stagione, la faccenda non è ancora chiara. È, di certo, una squadra che segna un sacco di gol, che – tutto sommato – ne subisce pochi (la difesa è la seconda migliore del torneo) ma che continua ad avere difetti e, quindi, ampi margini di miglioramento. Sotto tutti gli aspetti: tecnico, tattico e anche psicologico. Anzi, l’aspetto mentale continua ad essere il più gettonato quando si parla dei limiti attuali della squadra giallorossa. L’ideale sarebbe fare affidamento (sempre) sulla padronanza mostrata a Milano, sulla tigna vista contro la Juve e sul cinismo di Verona. Lavorandoci, tanto, ci si può arrivare. Servono idee e uomini. E un obiettivo comune: la Roma.

(Il Messaggero – M. Ferretti)



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