(Il Messaggero – A. Marani) Il pensiero della Sud è anche per Sean Cox, il tifoso nordirlandese, rimasto gravemente ferito durante gli scontri di martedì sera a Liverpool. Molti i tifosi giallorossi che in queste ore stanno aderendo alla colletta aperta in Inghilterra per contribuire alle cure del supporter 53enne dei Reds; è stata superata quota 40mila euro. E sono tanti i giallorossi che stanno scrivendo messaggi di solidarietà e di pronta guarigione sul profilo Facebook del tifoso inglese, padre di tre figli. Post per dimostrare che il tifo della Roma è altro, è oltre. «Forza Sean, sono un tifoso della A.S. Roma e sono un padre come te. Prego per te e la tua famiglia, non ci sono parole per quello che è successo e neanche colori o tifo di fronte ad una cosa così dolorosa. Forza Sean», scrive Marco C. Gli fa eco Christian M., «ti chiedo scusa da parte mia e di tutta la tifoseria romanista sana di mente». Il tifo della Roma dopo i fatti dell’Anfield si confronta e si interroga. Intanto la Curva non abbandona i suoi figli, i due Fedayn accusati dei disordini: Filippo Lombardi, 21 anni, di Cinecittà, che per i reati contestati dalla giustizia inglese rischia 7 anni di carcere e Daniele Sciusco, 29 anni, di Casal Bertone, che ne rischia 3. Sciusco aveva anche finito di scontare nel 2015 un daspo di tre anni per fatti per cui venne successivamente assolto. Ma per Lombardi, se Cox dovesse morire, la pena potrebbe allungarsi fino a 15. Il 24 maggio il processo. Per le loro spese legali è stata avviata un’altra colletta, questa volta ben più ristretta, in nome di quella solidarietà ultrà che intanto va in soccorso e poi dopo, se necessario, regola i conti interni. Stamani l’Unione dei tifosi romanisti che federa numerosi club dentro e fuori il Gra e all’estero, si riunirà nella tradizionale assemblea annuale, già fissata da tempo. «Anche se non era all’ordine del giorno – dice il presidente Fabrizio Grassetti – parleremo naturalmente dei fatti di Liverpool e valuteremo eventuali iniziative. Sembra quasi banale dirlo, ma è ferma la nostra condanna alla violenza. Non voglio entrare nel merito della vicenda giudiziaria che riguarda i due tifosi, ma dispiacerebbe che per il comportamento di pochi ci rimettesse tutto il tifo. Di quasi 2600 in trasferta, venti o trenta si sono trovati coinvolti negli scontri».
«SOLI E SENZA PROTEZIONI» – Grassetti ripercorre quelle ore nella città dei Beatles «abbandonati senza alcuna assistenza e protezione». Racconta che «solo fortuitamente» e «per il buon comportamento dei nostri tifosi» che non ci sono stati altri incidenti. Roberto Marrone, dei Lupi di Londra, tana giallorossa in terra britannica, ammette di avere avuto paura: «Per la prima volta in una trasferta ci hanno lasciati senza scorta, zero poliziotti, ci hanno fatto camminare in un parco dove ci guardavamo attorno per paura di cadere in qualche agguato. Non era stato così con il Chelsea dove ogni contatto tra le tifoserie era stato evitato». Un’altra tifosa aggiunge: «Erano furie ubriache, mi sono nascosta in un angolo e se non mi è successo niente è perché c’è stato chi li ha affrontati».
RESPONSABILITÀ OGGETTIVA – La preoccupazione ora è per le decisioni dell’Uefa che potrebbe stabilire la chiusura di un settore, quindi della Curva Sud o dell’intero Olimpico. C’è un principio quello della responsabilità oggettiva che fa cadere le colpe dei singoli tifosi sulle società sportive, anche se non hanno in capo l’organizzazione dei match o della sicurezza. Anche se fanno di tutto per stemperare gli animi e favorire un clima sereno: Roma non aveva replicato alle esternazioni di Kenny Dalglish, storico giocatore dei Reds, quando a poche ore dal match disse che «la Roma non meritava la finale dell’84», capitan De Rossi aveva deposto una corona in onore delle vittime della strage di Hillsborough. Non è bastato a evitare il ferimento di Cox. Ieri mister Eusebio Di Francesco ha lanciato un nuovo appello alla tifoseria: «Mi auguro che la gara di ritorno sia una festa».
FOTO: Credits by Shutterstock.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA