AS ROMA NEWS LECCE – L’idea di passare un paio di notti al secondo posto si trasforma nel ritorno nel gruppone delle aspiranti alla Champions, in scomoda compagnia di Atalanta e Milan. La Roma frena a Lecce. È successo a tante anche nella parte nobile del campionato eppure non può essere un’attenuante per la partita giocata dai giallorossi, scrive La Gazzetta dello Sport.
Modesta nella proposta offensiva, modestissima nella qualità tecnica, in un panorama desolante soprattutto nel secondo tempo, in cui i guizzi di Dybala risaltano ancora di più. Il suo rigore rimedia in fretta all’autorete di Ibanez propiziata da un’incursione di Baschirotto (la Lega Serie A decide contro il difensore giallorosso). Ma non basta per una squadra sempre nervosa. Ma questa ormai è una costante: ogni fischio una protesta – e l’arbitro Aureliano in effetti non brilla per chiarezza nelle decisioni – come se facesse parte della strategia di gara.
Forse perché è come se servisse tenere i nervi a fior di pelle per spremere qualcosa da una squadra che ha un unico modo per arrivare alla porta avversaria: affidarsi ai tre davanti. Insufficiente se uno stecca, Pellegrini, o se Abraham si ritrova davanti un Falcone che non avrà reso contento “papà” Verdone (il portiere leccese da piccolissimo ha avuto una parte in un suo film come figlio dell’attore e regista romanista). Risulta quasi paradossale che una Roma così minore possa andarsene addirittura con qualche rimpianto, perché sull’1-1 ha avuto tre chance limpide con il suo centravanti. Con altrettante risposte strepitose del portiere avversario. Ma dopo la terza, la Roma è sparita.
Il Lecce fa invece ancora un’ottima figura. Un altro pareggio, il nono (con l’Empoli è la squadra che ne ha fatti di più), è un altro mattoncino prezioso, soprattutto in relazione ai mezzi a disposizione di Baroni. Baschirotto è l’uomo-simbolo di questa squadra operaia e un po’ ruvida – a volte troppo – ma capace di restare corta e di aggredire. Proprio la testa di Baschirotto spunta al 7’ da angolo di Strefezza, dopo il primo tiro nello specchio di Gallo alzato da Rui Patricio: sulla traiettoria l’ultimo tocco è di Ibanez. Da palla inattiva, il punto forte della Roma, la più efficace da fermo, e debole del Lecce, che su punizioni e corner incassa più di tutti.
Non succede di nuovo ma quasi: Abraham innesca di tacco El Shaarawy ma Falcone si oppone nel primo dei suoi quattro interventi decisivi, sull’angolo successivo Strefezza (cui è stranamente affidato il controllo di Smalling, uno dei pochi a uomo nel castello difensivo a zona) tocca con il braccio. Dal dischetto Dybala spiazza Falcone e rimette in pari la Roma. La cui partita però non decolla.
Il Lecce tiene alta la pressione, chiude con due-tre uomini ogni avversario quando riceve palla. E questo costringe i difensori, già non delicati con i piedi, e i mediani romanisti, non rapidissimi, ad accelerare troppo la giocata in avanti. Spesso nel vuoto. Solo El Shaarawy dà vita sulla fascia, gli altri non accompagnano mai. Il Lecce fatica ad arrivare davanti nonostante il lavoraccio di Colombo ma resiste solidamente, anche a 6 temibili corner del primo tempo. Solo nel finale la Roma crea in modo limpido, coi soliti due: al 42’ filtrante di Dybala per Abraham che chiude potente sul primo palo chiuso però da mano de piedra Falcone, al 47’ destro da fuori dell’inglese verso il secondo palo e il portiere si allunga in angolo.
La ripresa si apre con un altro volo di Falcone, su testata di Abraham da punizione di Pellegrini. Potrebbe essere il segnale che la Roma è pronta a prendere il sopravvento, anche perché il Lecce perde un po’ le distanze, soprattutto sulla destra difensiva ma la Roma non cresce. Un sinistro di Dybala trova il corpaccione di Baschirotto, Pellegrini spedisce in curva dal limite un invito goloso di Paulo.
Ma la partita scade sempre più di qualità, aumentano gli errori tecnici, i cambi leccesi non aiutano, perché Askildsen per Gonzalez è legnosissimo e Persson per Colombo non riesce a tenere impegnato Smalling come faceva l’azzurrino. Solo Banda a sinistra sfrigola: suo un destro alto dalla distanza, unica conclusione degli ultimi 25’ di partita. Mourinho cambia solo dall’83’, Wijnaldum e Belotti, poi Solbakken. L’olandese rivede il campo nel finale dopo i 12’ di inizio campionato contro la Salernitana: un nuovo debutto, ma si è visto pochissimo. Come tutta la Roma. Che non tira più in porta e nel secondo tempo ha guadagnato appena un calcio d’angolo. Nemmeno capace di attivare la sua arma migliore.
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